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Media e immigrati, una fabbrica di stereotipi

Ce lo racconta una ricerca di Scienze della Comunicazione di Roma

di Davide Pelanda

Forse i giornalisti dei mass media italiani, soprattutto quelli televisivi, dovrebbero fare un serio esame di coscienza e un mea culpa. Motivo? Perché descrivono lo straniero perlopiù come elemento da trattare nella cronaca o da relegare al tema della sicurezza. Senza nessuno scrupolo, né intervento serio per capirne il fenomeno migratorio. Ce lo dicono i ricercatori della Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università La Sapienza di Roma con la “Ricerca nazionale su immigrazione e asilo nei media italiani”. Per una settimana dei primi sei mesi del 2008 sono stati analizzati un totale di 5684 servizi di telegiornale andati in onda: di essi solo 26 servizi affrontano l'immigrazione senza legarla, al contempo, a un fatto di cronaca o al tema della sicurezza.

«La congiunzione e sovrapposizione delle due dimensioni (fenomeno migratorio + sicurezza) – scrivono i ricercatori - è il paradigma interpretativo privilegiato dai media nei racconti delle dinamiche in atto nel contesto italiano».
Non solo, ma il dibattito sugli immigrati viene ricondotto «al termine sicurezza vista sempre in termini emergenziali e straordinari», come scrivono gli stessi docenti universitari curatori della ricerca. Inoltre gli stessi mass media fanno parlare del fenomeno migratorio sempre esponenti politici, rilevando una notevole sproporzione tra gli «altri soggetti interessati al dibattito quali i rappresentanti delle forze dell’ordine, della magistratura o, soprattutto, delle comunità straniere», rilevano sempre dalla Sapienza.

Per oltre i tre quarti delle volte (76,2%), infatti, persone straniere sono presenti nei telegiornali come autori o vittime di reati. Emerge però una ricorrente diversità di trattamento sulla base della nazionalità dei protagonisti delle notizie.

Ecco un esempio clamoroso: le persone straniere compaiono nei news media, quando sono protagoniste di fatti criminali, con maggiore probabilità di quelle italiane (59,7% contro il 46,3% nei tg, 42,9% vs. 35,7% nella stampa).

Un’altra possibile fonte di distorsione è presente nella tipologia di crimini che vengono raffigurati dalla cronaca. Se in generale si assiste a una sovra rappresentazione di alcuni reati, come quelli contro la persona, nel periodo di rilevazione gli stranieri compaiono più frequentemente degli italiani quando sono responsabili o vittime di fatti particolarmente brutali come la violenza sessuale (più del triplo: 24,1% contro 7,2%), le lesioni personali (più del doppio: 24,1% contro 10,9%), il sequestro (17,0% vs. 4,4%) o infine il furto (11,3% vs. 8,7%).

Il ritratto delle persone straniere immortalato dai media si può, quindi, così riassumere: è spesso un criminale, è maschio (quasi all’80%) e la sua personalità è schiacciata sul solo dettaglio della nazionalità o della provenienza “etnica” (presente spesso nel titolo delle notizie). Quest’ultima caratteristica costituisce anche il legame esplicitamente riferito dalla testata per spiegare gli avvenimenti e collegarli con altri: l’appartenenza a un gruppo etnico o la nazionalità dei protagonisti viene ricondotta al fatto narrato in quasi due casi su dieci (18,6%) e l’immigrazione in poco più di una notizia su dieci (11,5). Quindi gli stessi ricercatori rilevano che la situazione pare essere congelata a 20 anni fa e nulla pare essere cambiato nella descrizione stereotipata dei media. In sostanza per i mass media non esiste straniero che non abbia, da sempre cuciti addosso, i classici stereotipi di cui su tutti domina l’etichetta di clandestinità.

da www.megachip.info