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Calcio sconnesso

Abbiamo fatto i Conte senza l'oste?

Di Antonio Mango

L’ultima è che Conte (ancora squalificato) telefona a Prandelli per raccomandargli i suoi negli allenamenti. Dialogo di fantasia: “Ciao Cesare, come stai? In bocca al lupo per la nazionale. Ti chiedo solo una cortesia: negli allenamenti tieni conto dei miei, che dopo un po’ devono giocare col Napoli. In particolare di Pirlo. Ti saluto e forza Italia”.

C’era una volta lo stile. Era quello assodato di Gianni Agnelli, classe 1921, senatore, principale azionista e amministratore della Fiat formato Italia. Un “padrone”, ma capace di discutere rispettosamente con Lama, numero uno della Cgil. Ve l’immaginate l’abulimico Conte alla sua corte? Uno che tracanna squalifiche e telefonate imbarazzanti, che ha otto giocatori in nazionale (qualcuno ingiustificato) in partite più o meno vicino casa e che pretende anche trattamenti particolari in allenamento per i suoi. Abulimia da potere o da norditanza psicologica. E’ come frequentare Ruby o mandare in Consiglio regionale la Minetti e dire “mi spetta”. Perché sono ricco, perché una volta ho fatto l’unità d’Italia, perché oggi faccio le Chrysler, perché nel Palazzo mi temono e mi riveriscono.

Tutti gli altri stiano in Purgatorio. Se si incazzano sono provinciali. Se stanno buoni sono persone di mondo che sanno come va il mondo. Fa niente se a Pechino dodici occhi, tra arbitri, assistenti e sesto uomo, fanno un casino non certo a danno della Juve, che a Siena si perdona per non espellere un bianconero e via condonando. L’importante è arrivare alla fatidica sfida di Torino (la classica Juve-Napoli) col metro di vantaggio.

Non solo Nord-Sud. Anche Milano contro Milano. Gli ennesimi tonfi arbitrali (ma perché non mettete ‘sta moviola in campo?) stavolta affossano Allegri, che più cupo non poteva essere durante e dopo la partita. La norditanza vuole che chi s’incazza ed è forte nel Palazzo non è provinciale. Reclama semplicemente i suoi diritti. Quindi, sfracelli di polemiche e dichiarazioni al vetriolo da parte della dirigenza del Milan contro la classe arbitrale.

Attendiamo i commenti ‘sportivi’ di Galliani, Allegri & C. quando il vento girerà a loro favore e a danno di altri. Intanto, la grande stampa e la grande pay-tv non si rivolge all’antropologia per spiegare l’arcano del derby. Non c’è un Sud, sia esso il Napoli o una “squadretta” della Padania, da sprovincializzare. C’è una polemica sportiva, o se volete di potere sportivo, e tale resterà.

Non è un derby tutto italiano anche quello politico? Per dieci anni si è fatto ricorso all’antropologia: il Nord che fa i compiti a casa e conta in Europa, il Sud che spreca e si lamenta. E che deve uscire dalla sua provincialissima anti-modernità. Poi si scopre che si spreca (e si ruba) pure al Nord. Che, a guidare la festa delle sottrazioni indebite, è pure il Palazzo romano (o laziale, visto che stiamo in tema di derby). E che la modernità è quella della villeggiatura gratis e dei tesorucci di partito in cassaforte estera. Altro che agenda digitale. Come dire altro che moviola in campo.