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Carosello reloaded

35 anni dopo, la rivincita della via italiana alla pubblicità.

di Ugo G. Caruso*

La notizia è risuonata fragorosamente nel web e sui giornali come l'esplosione di un giocoso fuoco d'artificio. Ad oltre trentacinque anni di distanza dalla sua controversa soppressione ritorna Carosello, la trasmissione televisiva più popolare di tutti i tempi, il programma che ha cambiato non solo la storia del piccolo schermo ma l'intera società italiana accompagnandone, più spesso guidandone l'evoluzione da paese agricolo, arcaico nei consumi e negli stili di vita a paese industriale, sebbene disegualmente sviluppato quale divenne tumultuosamente negli anni del boom fino all'epoca della crisi energetica e dell'austerity, per concludersi proprio quando si entrava nella fase più cupa e turbolenta degli anni settanta.

CAROSELLO GENERATION
“Il mondo era più bello quando c'era Carosello”, quante volte abbiamo sentito esprimere con parole simili questo stesso rimpianto, tutt'altro che semplicistico luogo comune bensì forse tra le poche esperienze condivise in quel bizzarro paese che è l'Italia non solo e non tanto dagli adulti di quaranta e passa anni fa, quanto dalla generazione che fu detta del “baby boom” per la quale risultò fondamentale, direi formativa, quasi una sorta di imprinting e che proprio per questo in altra occasione definii per l'appunto “Carosello Generation”. A quanto pare la Rai animata da uno spirito vagamente vintage si appresta a riesumare l'antico format ricollocandolo nel palinsesto laddove era andato in onda ogni sera, intorno alle 20.50, per vent'anni, se si esclude la sera in cui giunse la notizia dell'omicidio di John F. Kennedy a Dallas, la settimana di agonia che precedette la morte di Giovanni XXIII, la strage di Piazza Fontana e poche altre occasioni.

MA CHI UCCISE CALIMERO ?
Il nuovo Carosello, probabilmente a colori, come abbiamo provato ad immaginare nella foto di fianco, avrà una durata sensibilmente ridotta rispetto all'originale, dovendo rispettare il tetto di 210 secondi complessivi e dunque si comporrà presumibilmente di tre comunicati commerciali di un minuto ciascuno e di uno da 30''. Per il resto dovrebbe avvalersi della vecchia sigla, probabilmente l'ultima, quella rimasta nel ricordo di tutti, con i siparietti riproducenti le più celebri piazze d'Italia e la musica di un anonimo napoletano del '600 che fu scelta a suo tempo da Luciano Emmer, vero padre nobile di Carosello. Proprio questi finché fu in vita non si diede pace del fatto che la sua creatura fosse stata anzitempo cassata dai dirigenti Rai.

La ragione che questi ultimi addussero fu la sua superatezza rispetto ai nuovi canoni dell'advertising. In altre parole le grandi agenzie pubblicitarie americane ritenevano che la vecchia formula del contenitore non fosse più adatta alle nuove esigenze comunicative del marketing che si sarebbe basato d'ora innanzi su spot molto brevi.

Secondo un'altra tesi, nella nuova Rai riformata nel 1976, il Tg2 a guida socialista sarebbe stato sfavorito rispetto al concorrente Tg1 saldamente in mano alla Democrazia Cristiana, proprio dal fortissimo traino rappresentato da Carosello di cui questo si avvaleva tradizionalmente. Come sempre, in Italia non esiste un'unica realtà storica e dunque non poteva accadere neppure per Carosello. Dal momento che all'epoca andava di moda accusare i socialisti di ogni nequizia si pensò bene di attribuirgli anche l'imperdonabile misfatto di aver fatto fuori Carosello per biechi interessi di share. Le agenzie americane, i socialisti, un generico modernismo che si respirava in quegli anni, tra tanti ipotetici colpevoli, sta di fatto che non si seppe mai con certezza chi aveva decretato la morte di Carosello che rimase così uno dei tanti gialli irrisolti del Bel Paese (inteso ovviamente come Italia e non come il noto formaggio Galbani che di Carosello fu ospite fisso).

ARRIVA LA TELESAUDADE
In una serata-monstre, Caro, carissimo Carosello ideata dal Movimento Telesaudadista nel 2008 a Roma nelle forme di una maratona organizzata per capitoli tematici e protrattasi per circa 12 ore in cui intervennero vari autori, testimonial, studiosi, ancora una volta Emmer che già nel 1977 aveva dedicato con Carosello che passione! un omaggio nostalgico al glorioso programma appena abolito, ebbe modo di ribadire il suo sconcerto per quella scellerata decisione, raccontando convincentemente di come al Metropolitan Museum of Modern Art di New York quando fu ospitata una rassegna sulla pubblicità italiana, molti autorevoli “persuasori occulti” statunitensi curiosamente gli confidarono di invidiare Carosello come un'idea che in America era mancata e che avrebbero volentieri acquistato i diritti del format made in Italy.

Vicenda alquanto paradossale insomma ma sia come sia, possiamo senza tema di smentita affermare che a distanza di oltre trentacinque anni quell'originale, ardito tentativo di affermare una via italiana alla pubblicità, fuori dai rigidi canoni fissati dall'egemone advertising americano a livello planetario, si è preso la sua rivincita.

COME SARA' LA NUOVA EDIZIONE ?
A differenza degli assassini di Carosello rimasti nell'ombra, l'identità dei suoi riesumatori è ben nota. Da fine marzo o al più tardi dopo Pasqua, Carosello tornerà per decisione del direttore generale della Rai e presidente della nuova Sipra, storica concessionaria della pubblicità Rai, Luigi Gubitosi, dell'ad Lorenza Lei e del dg Fabrizio Piscopo.

Accanto al redivivo Carosello, la Sipra ha pensato bene di resuscitare anche il vecchio intervallo che però, ”o tempora o mores”, non riproporrà più sotto il distensivo suono di un'arpa ameni paesaggi del summenzionato Bel Paese (a suo tempo peraltro scelti su pressione clientelare) ma immagini curate dagli inserzionisti. E' auspicabile che dietro la riscoperta di vecchi format ritenuti ormai desueti ci sia non solo come dicevamo un gusto un po' vintage ma il recupero di un'idea di qualità come irrinunciabile cifra distintiva del servizio pubblico televisivo.

Se Carosello è rimasto “senza pari tra i ricordi a noi più cari” è soprattutto per l'indimenticabilità dei suoi comunicati che hanno generato nel tempo una quantità di siti, blog, iniziative editoriali, mostre (come quella in corso in questi giorni a Milano), repliche antologiche sul piccolo schermo e soprattutto la continua riproposizione in edicola del suo sterminato repertorio organizzato in fascicoli settimanali che a dispetto di altri memorabili programmi dell'era del bianco e nero, hanno finito col donargli una longevità che sembra talvolta sconfinare nell'immortalità.

Non c'è da meravigliarsi per il gusto dei bei tempi andati specie se i cultori, nati per lo più, come chi scrive, negli anni '5o e '60, sono stati i primi fruitori della cultura di massa e pure, diciamocelo con franchezza, perchè il momento attuale, invero deprimente, induce a rifugiarsi confortevolmente negli affetti più cari e duraturi, dunque, a maggior ragione in Carosello.

UNA SFIDA : TORNARE ALL' INNOVAZIONE DEL LINGUAGGIO
C'è una ragione però che fa di Carosello una fonte di conforto inesauribile e che al contempo gli impedisce di diventare una sorta di innocente regressione come per tanti, ad esempio, finisce per essere il consumo ripetuto ed automatico di alcuni tra i titoli più spassosi di Totò, o in genere di certe farse del cinema italiano degli anni cinquanta o anche di pur gustose e popolari serie televisive. Ed è proprio questa specificità che racchiude la sua intrinseca genialità.

Esiste infatti un Carosello della vulgata che è quello che tutti ricordano ed amano, fatto di slogans a prova di alzheimer, di scenette che meriterebbero una menzione nelle antologie del teatro italiano, di cartoni o pupazzi animati amatissimi, da Calimero all'omino coi baffi, da Salomone a Lancillotto, da Pallina a Riccardone-one-one, da Caio Gregorio ad Unca Dunca, da Susanna al gigante amico, da Papalla a Caballero. Ve n'è pure un altro però che evita allo spettatore di stufarsi nell'abbandono nostalgico più stucchevole. Sto pensando alla fortissima carica innovativa portata da Carosello, all'originalità di tante sue trovate narrative, alla varietà di genere, tematica ed espressiva.

Carosello è tantissime cose insieme: c'è dunque un Carosello che c'intenerisce ricordandoci gli alimenti che ci hanno nutrito, gli indumenti con cui ci abbigliavamo, gli oggetti che ci stavano tutt' intorno, andando a comporre un amorevole universo a noi familiare, senza contare il fascino di un paesaggio urbano e rurale scomparso ormai da un bel po' e poi ce n'è un altro, come detto, che alla prossimità con i generi tradizionali come il teatro e il cinema aggiungeva la scoperta di un universo estetico inedito ai più. Basti pensare alla plastilina metamorfica della scultrice giapponese Fusako Yusaki per il Fernet Branca, alle performances proto-graffitiste di Herbert pagani per la pasta Agnesi, alle scenografie pop di Mario Schifano e Mario Ceroli che fanno da sfondo a Mina per Barilla, alla body art anticipata da Pino Pascali per Cirio, al sentiero spiraliforme e futurista dove amarevolmente si incontrano i fidanzatini dell'Amaro Cora, alle sperimentazioni avanguardistiche dello Studio Orti di Giulio Cingoli per Cinzano, all'autentico delirio retinico della gomma del ponte con Carla Gravina, chiaramente ispirato all'underground americano. Una vasta letteratura sull'argomento, a partire dalla fondamentale ricognizione ragionata di Marco Giusti, in tutti questi anni ha posto l'accento sulla modernità di Carosello, tentando così di sottrarlo al semplicistico rito nostalgico.

CONCENTRAZIONE DI CREATIVI
Per la minuscola parte che compete a noialtri telesaudadisti militanti, abbiamo scomposto Carosello in tanti modi, ricomponendolo poi per registi, sceneggiatori, produttori, testimonial, generi, prodotti città, e per tanti altri versi ancora, riproponendolo in modo nuovo, diciamo ripensato, in teatri, sale cinematografiche, musei, aule universitarie, al fine di metterne in luce i numerosi elementi di interesse ancora in ombra. Sentiamo pertanto come una vittoria un po' anche nostra questa rinnovata attenzione a Carosello ed in genere alle formule della televisione del passato cui restiamo più affezionati. Beninteso non basta dire Carosello per ricrearne lo spirito nella sua riedizione. Carosello brillava anche grazie al talento dei suoi molti creativi in un mondo che allora era tutt'altro che omologato. Si pensi all'apporto di copywriter d'eccezione come Marcello Marchesi, Carletto Manzoni, Achille Campanile, Umberto Simonetta, Gian Carlo Fusco, Age e Scarpelli e tantissimi altri.

Sarebbe come dire ripristiniamo al sabato sera Studio Uno ma se poi in regia non hai un Antonello Falqui e non disponi di Mina, Lelio Luttazzi, le gemelle Kessler, Walter Chiari, Don Lurio, Paolo Panelli, Raimondo Vianello e Sandra Mondaini (tutti, non a caso, storici protagonisti di Carosello) inevitabilmente il risultato è molto diverso. Comunque, appartenendo noi a quella Carosello Generation, per forza di cose ne abbiamo viste tante, forse al punto da necessitare svevianamente di una rigenerazione. Ancora però riusciamo a restare svegli fino alle 21 (e anche un po' oltre) e dunque guarderemo la riedizione del nostro programma del cuore col consueto spirito critico ma pure ottimisticamente e senza prevenzioni. Chissà che non si riesca a far parte anche noi della Carosello Re-Generation? Hai visto mai?

*fondatore del Movimento Telesaudadista

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