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Amore, solitudine e cucina a Mumbai

Serata speciale al Teatro Comunale di Rovito dove lunedì 3 alle ore 21 Ugo G. Caruso festeggia idealmente il Cineappuntamento n. 40 di Flashback. Un piccolo traguardo impensabile nel 2009 quando su invito di Giuseppe Scarpelli, animatore del Cineforum Falso Movimento, Caruso, già storico del cinema e critico militante, da quarant'anni residente a Roma, prese l'impegno ogni qual volta si fosse trovato a Cosenza, sua città natale, di condividere uno dei suoi film preferiti tra quelli visti negli ultimi anni, con la comunità di cinefili e spettatori curiosi della vasta area urbana cosentina che da tempo si dà convegno regolarmente nel ridente centro presilano. La scelta stavolta è caduta sul film indiano The lunchbox, scritto e diretto da Ritesh Brata e fin qui acclamato nel 2013 al Sundance, a Cannes, Toronto, Rotterdam e Torino. Ma per impreziosire ulteriormente la serata Caruso ha voluto coinvolgere pure la sua amica Francesca Marino, cosentina anch'ella, nota giornalista d'inchiesta e corrispondente per l'India di varie testate italiane ed europee che interverrà in video da New Delhi.

A Mumbai, ogni mattina un'efficiente rete di 5000 fattorini, i dabbawala, consegna sui luoghi di lavoro oltre 200.000 cestini da pranzo preparati dalle mogli o in appositi ristoranti affinché i lavoratori possano gustarli ancora caldi. La celebre Università americana di Harvard ne ha studiato il funzionamento stimando un margine di errore veramente irrisorio: circa uno ogni sei milioni di consegne. Il film di Ritesh Batra prende le mosse proprio da quel trascurabile dato statistico raccontando di Ila Singh, una giovane casalinga appassionata di cucina che spera con le sue ricette speziate di ridare un po di vitalità al suo matrimonio. A causa di un disguido però il suo pranzo arriva a Saajan Fernandes, impiegato presso una ditta di import-export e prossimo alla pensione, un uomo amaro, solitario, da poco vedovo che vive in un vecchio quartiere cristiano minacciato dai nuovi grattacieli in costruzione. Visto che il marito, non si accorge di ricevere un lunchbox non destinato a lui, Ila invia un biglietto al fortunato beneficiario dei suoi manicaretti inserendolo nelle vivande del portapranzi. Questi risponde a sua volta usando la stessa modalità. E' solo l'inizio di una singolare corrispondenza tra i due che senza conoscersi si confesseranno le rispettive solitudini, paure, ricordi, piccole gioie come la comune passione per le vecchie canzoni e i programmi televisivi di una volta. Scriversi diventerà pertanto un modo per sentirsi vicini in una sgomentevole megalopoli come Mumbai che spesso distrugge sogni e speranze. Ad un certo punto però entrambi si accorgeranno di essere arrivati ad un punto di svolta delle loro esistenze: la infelice ed incastrata in un matrimonio con un uomo forse fedifrago e Saajan alle soglie della pensione ed intenzionato a partire per una località di riposo. Ma forse proprio quella corrispondenza vissuta come un impossibile amore a distanza ha cambiato la loro coscienza.... "A volte il treno sbagliato ti porta nella direzione giusta", questo il proverbio indiano, falso o autentico citato da Aslam Shaikh, l'intraprendente e pasticcione apprendista di Saajan che sembra racchiudere la filosofia che ispira il film di Batra, capace di rappresentare un disagio che non è più di Mumbai ma del mondo intero. Nell'era delle mail, degli smartphone, dei social network, gli scambi, quelli veri, sembrano tanto più ardui ed innaturali quanto maggiore è la contiguità fisica. Pertanto i poveri fogli di quaderno scribacchiati a penna e inseriti nella pietanziera diventano l'unico momento di comunicazione reale, intensa, affettiva, proprio come le delizie preparate da Ila e gustate da Saajan. “Viene subito da pensare – precisa Caruso - a quel capolavoro di commedia che è Scrivimi fermo posta (1940) di Ernst Lubitsch e al suo riuscito remake del 1998, C'è posta per te di Nora Ephron ma un pò a tutti i film epistolari, a partire da 84 Charing Cross Road (1987) di David Hugh Jones. Eppure, forse per il tono lieve e i momenti umoristici, The lunchbox è stato alquanto sottovalutato dalla critica italiana, in particolare, se vogliamo accreditarla come tale, da quella operante nel web. Oltre a mancare di riferimenti agli illustri precedenti menzionati, con qualche apprezzabile eccezione, le recensioni trattano il film come una gradevole commedia sentimentale, un feel-good movie, un'ennesimo titolo che fa leva sull'attrazione irresistibile della gastronomia e niente più. E invece The lunchbox è un film rilevante e destinato a rimanere - assicura Caruso. Prodotto tra gli altri da Danis Tanovic e Anurag Kashyap, uno dei più notevoli registi indiani in attività, l'esordio nel lungometraggio di Ritesh Batra era stato concepito inizialmente come un documentario sui dabbawalas ma per quell'imperscrutabile destino che hanno certi film è diventato uno dei migliori titoli indiani degli ultimi anni, preciso e potente nella descrizione degli ambienti e della quotidianità metropolitana di Mumbai, lontanissimo sia dall'India cartolinesca e da esportazione di certe pellicole anglo-americane, sia dal tono zuccheroso e ingenuamente favolistico della Bollywood da box office. Al risultato davvero rimarchevole contribuiscono poi pure le performances degli attori: un Irrfan Khan che dà mille sfumature alla sua incalzante e mesta terza età, la bella Nimrat Kaur, quasi sempre sola in scena, impegnata nel dialogo a distanza con l'invisibile zia del piano di sopra o Nawazzudin Siddiqui nel ruolo dell'irresistibile e fanfaronesco Shaikh. “Delicato,toccante, sincero, profondo, autenticamente poetico, altro che feel-good movie- continua Caruso - sono certo che sarebbe piaciuto allo stesso Satyajit Ray! E potete credermi: nel 1985 seguii a Roma, al Cinema Capranica che non esiste più, una rassegna completa della sua filmografia che fu come un corso intensivo sulla cultura indiana e alla fine lo conobbi e lo intervistai per L'Unità. Era proprio come viene ricordato: ieratico, carismatico, maestoso, regale. E posso dirvi, anche se a tanti l'accostamento potrà suonare come un'eresia che The lunchbox sembra miracolosamente attingere a quella stessa vena straordinaria.