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Contro l'Alzheimer collettivo diffondiamo il virus del ricordo

Note alla scomparsa di un grande attore

di Ugo G. Caruso – fondatore del Movimento Telesaudadista*

Ineluttabilmente, ad uno ad uno,se ne vanno i protagonisti della televisione che abbiamo amato. Da ultimo pochi giorni fa è toccato a Mario Maranzana (Trieste 1930), attore teatrale di lungo corso molto attivo a suo tempo anche in tv.

Aveva iniziato con Vittorio Gassman per poi calcare le scene accanto a tutti i grandi (Sergio Tofano, Sarah Ferrati, Memo Benassi, Cesco Baseggio, Evi Maltagliati, Salvo Randone, Lilla Brignone, Wanda Capodaglio, Gino Cervi ed Andreina Pagnani e moltissimi altri). Pure la lista dei registi che lo diressero non è da meno: Orazio Costa, Giorgio Strehler, Luchino Visconti, Giorgio De Lullo, Mario Missiroli, tanto per citarne alcuni. Lo ricordo all'inizio degli anni ottanta vestire molto credibilmente i panni di un pacioso Karl Marx in una pièce scritta in francese da Curzio Malaparte, adattata da lui stesso per la regia di Franco Giraldi. Poi, più di recente, l'avevo visto accanto a Milena Vukotic in un allestimento del John Gabriel Borkman di Strindberg al Teatro Ghione di Roma dove fino a qualche anno fa era possibile rivedere quegli attori e quelle attrici del teatro classico che erano assurti anche ad una certa notorietà televisiva, in dignitosissime messe in scena fuori dal circuito consueto. E poi al Teatro Vascello, insieme al suo concittadino Roberto Herlitzka ne La mostra,un dramma di Claudio Magris di ambientazione triestina e di ascendenze mitteleurope sulla vita del pittore Vito Timmel, diretto da Antonio Calenda. Ma il suo successo maggiore negli ultimi anni l'aveva riscosso impersonando Tiziano Terzani, con tanto di folta e canuta barba da guru, in uno spettacolo accolto entusiasticamente pure in Cina. Ma poiché,si sa,”la televisiùn ha la forza di un leùn”, era da tutti ricordato soprattutto come il brigadiere Lucas della popolarissima serie del commissario Maigret diretta da Mario Landi e andata in onda dal 1964 al 1972, poi infinitamente replicata sui canali Rai e ripubblicata senza sosta prima in vhs e poi in dvd da vari editori. Praticamente uno dei più indiscutibili evergreen del piccolo schermo la cui fortuna procede in parallelo con l'inesauribilità del successo editoriale del suo autore, Georges Simenon. In verità c'è qualcuno che se n'è dimenticato.
Ad esempio il critico Aldo Grasso che nella sua garzantina sulla televisione non dedica a Maranzana neppure una voce, a differenza di personaggi davvero imprescindibili come Carmen Di Pietro, la siliconata accompagnatrice di Sandro Paternostro. Ma d'altronde la sorte di vedersi ricordati in poche righe,spesso zeppe di inesattezze oltre che lacunose, è il destino comune di attori celebrati in vita ben più dello stesso Maranzana, autentici beniamini del pubblico che nell'ordine di decine di milioni di spettatori ne ha seguito e apprezzato il lavoro per decenni. Purtroppo l'alzheimer collettivo di cui soffre da più d'una ventina d'anni il nostro paese, forse per antica e naturale predisposizione inizia proprio dai media. Quando tre anni fa un sodalizio culturale belga insieme con il Comune e la Cineteca di Bologna decise di festeggiare i cento anni dalla nascita di Simenon con una mostra e varie altre iniziative, mi invitò come presidente dell’ Associazione Amici di Maigret a ricordare Gino Cervi quale Maigret italiano, pensai bene di proporre a Mario Maranzana se volesse aggregarsi come ospite a sorpresa della serata. Non se lo fece ripetere due volte e venne a sue spese solo per parlare del vecchio maestro di palcoscenico cui sentiva di dovere molto. In quell'occasione, dando piglio alla sua vena più istrionica,si produsse in una gustosa imitazione di Cervi quando questi cercava con lo sguardo perduto in un orizzonte immaginario la soluzione del delitto in questione ma in realtà leggeva sugli appositi cartelli le battute che gli pesava imparare a memoria. Rivelò pure come il grande attore tutte le volte che si trovava in tournée nella sua città non si lasciasse sfuggire l’occasione di pranzare nel suo ristorante preferito, proprio nel centro di Bologna, dove da bravo emiliano soleva gustare prima un piatto di tortellini e poi un altro di tagliatelle.
IL LUCAS DI MARANZANA ISPIRO' UNA RISCRITTURA DI SIMENON
Tra i tanti gustosi retroscena, Maranzana ce ne rivelò uno di cui andava giustamente fiero. Cervi gli aveva riferito i personali complimenti di Simenon per avere intelligentemente sostanziato il suo personaggio del brigadiere Lucas,fin lì a basso rilievo sulla pagina scritta, indistinto tra i colleghi Torrance, Janvier, Dofour, insomma una mera funzione narrativa. L'idea di Maranzana fu quella di farne una sorta di doppio del suo capo, emulato non si sa quanto volutamente, stessi baffi,stessa pipa, stessa taglia da degustatore di piatti robusti come la choucroute paysanne e con in più il tic di passarsi continuamente la mano sui capelli come per domarne le asperità. Era proprio come Simenon l’avrebbe voluto, riproponendosi ogni volta di descriverlo così, per poi dimenticarsene sistematicamente, risucchiato dal gorgo della sua scrittura tumultuosa. D'ora in avanti sarebbe stato lo scrittore ad ispirarsi a quella riuscita caratterizzazione nei pochi anni in cui avrebbe continuato a scrivere i romanzi di Maigret.
Ci ritrovammo nel giugno dell'anno seguente al Cinema Adriano,allorquando nel corso del Roma Fiction Fest fui nuovamente chiamato a condurre un incontro sul Maigret televisivo e feci in modo di far ritrovare Maranzana con un altro ”brigadiere”, della sua squadra al Quai des Orfevres, Lapointe quello con la sigaretta eternamente pendente da un angolo della bocca,interpretato dal bravo Gianni Musy, figlio d'arte (suo padre era Enrico Glori),lunga carriere teatrale e televisiva,apparso tante volte negli ultimi anni al cinema in gustosi cameo e purtroppo anche lui scomparso di recente.
IRRUPPE SUL SET A SORPRESA, POI CON UN TRUCCO NON ROVINO' LA SEQUENZA
Insieme fecero faville, una vera gara di aneddoti spassosi tra cui il più rimarchevole resta quello raccontato da Maranzana di quando nel '66 a causa di un disguido si trovò a non poter essere scritturato per la seconda serie delle inchieste del commissario Maigret, in quanto impegnato in tournée con la sua compagnia teatrale, rammaricandosene moltissimo. Fu così che durante la tappa romana decise di andare sul set per un saluto a sorpresa ai suoi vecchi compagni di lavoro. In via Teulada si fece indicare lo studio ed entrò senza accorgersi di aver fatto irruzione nel bel mezzo di una lunga sequenza che sarebbe stato complesso e faticoso rigirare. Cervi e gli altri con prontezza di spirito, senza smettere di recitare, lo accolsero affettuosamente come se questi venisse dalla gendarmeria di Marsiglia, promettendogli di adoperarsi in tutti i modi affinchè venisse riassegnato al più presto alla polizia giudiziaria di Parigi. Maranzana capì e stette al gioco e la sequenza fu salva. Poi ripartì per la sua tournéè, salvo vedersi perseguitato ad ogni tappa da un telegramma dell'ufficio contratti della Rai che, accortosi della sua pur breve apparizione, lo scongiurava di firmare una liberatoria per regolarizzare quell'incredibile situazione. In quella stesso pomeriggio volevo a tutti i costi ricordare Lelio Luttazzi, jazzista, compositore, entertainer, uno dei grandissimi della televisione del periodo d'oro, scomparso solo poche ore prima e pertanto avevo portato con me la registrazione di una puntata di Studio Uno, sempre del '66, in cui Gino Cervi nei panni di Maigret irrompeva nel popolare varietà del sabato sera dando vita ad un esilarante sketch con il celebre presentatore. Temevo però che questa idea avrebbe comportato una sensibile variazione al programma dell'incontro. E infatti dapprima i titolari della rassegna si opposero garbatamente ma altrettanto fermamente al mio piccolo colpo di mano. Poi però dovettero cedere all' impuntatura di Maranzana che spalleggiando la mia proposta con toni che non ammettevano repliche, pretese che il suo vecchio amico e concittadino Lelio ricevesse il giusto tributo. Inutile dire che il fuori programma fu molto apprezzato dal pubblico presente in sala e rappresentò la vera chicca di quell'incontro. Mario Maranzana fu quel che si dice un attore colto e sensibile. Sfoglio la copia del suo romanzo autobiografico, L’Esilio Infantile, ormai introvabile, di cui mi fece dono. Dalle pagine sale una brezza odorosa di mare, un sapore che non sentivo più dai tempi di certe mie letture infantili, lo stesso che si può ritrovare nei romanzi di grandi triestini come Giani Stuparich e Pier Antonio Quarantotti Gambini.

* Telesaudade - sodalizio culturale che ha come fine la rivalutazione del grande patrimonio della televisione classica, quella degli anni del bianco e nero.

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