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RETE, SCOPPIA LA GUERRA DEI CLONI - di Antonio Mango

Provate a cliccare su YouKu.com e vi troverete in una specie di YouTube cinese. O su Sina Weibo per twuittare in mandarino. Sono cloni. Il Grande Firewall, alzato dall’autorità asiatica, blocca i siti occidentali.

Su quest’altra sponda è il business che vince. Si clona non per censura, ma per affari. Nel mercato globale dei social (al netto delle dittature) è bagarre. Le parole si sono consumate. Non si “posta”, ma si “pinna”. E’ l’ora della puntina (“pin”), delle bacheche punzecchiate (“pinboards”) e degli interessi fotografati che fanno status. La somma fa “Pinterest”, il nuovo network che, secondo i calcoli della statunitense Mashable, è cresciuta negli ultimi tempi del tremila per cento, toccando qualche mese fa quota 12 milioni di visitatori unici. Non ci sono “amici” né tweet. Solo foto di oggetti e un gusto rosa da casetta in Canada, con cuccioli infiocchettati, vasetti di fiori, piatti decorati, vestitini e bigiotteria. Ma la bacheca è creativa e ce n’è per tutti.

E veniamo, col beneficio dell’inventario, a quello che gira in Rete su originali e copie. Il tempo, per la startup americana, di avere successo –di sorpassare in America Google plus e Tumblr, per dirne una- ed ecco il suo clone. Si chiama Pinspire. Tutto legale. Probabilmente, come si sussurra nei blog, sfruttando il tempo tra inizio attività e brevetto internazionale. Non è l’unico caso di copia copiella, ma il paradosso è lo stesso: l’originale alla fine è costretto a comprarsi la copia per riassorbire la fetta di mercato conquistata dal clone.

Fino a poco tempo fa, digitando su Google “Pinterest” veniva fuori esattamente “Pinterest per l’Italia/www.pinspire.it”. Grafica somigliante, registrazione facile (mentre per Pinterest ci voleva e ci vuole ancora l’invito), adesione quasi involontaria all’italianissima ed europea copia.
Maestri del clone a norma di legge, Marc, Oliver e Alexander Samwer, tre fratelli tedeschi, anni e anni a studiare i segreti della Silicon Valley, conosciuti nella Rete per altre imprese, che qualcuno chiamerebbe di taroccaggio (“pezzotto” per i napoletani espertissimi del finto originale) e che, invece, fanno parte del grande fiume carsico del social business.

Le informazioni sull’argomento (vere? false?) nella Rete si sprecano. Le “imprese” dei fratelli Samwer non si riducono al clone di Pinterest. La stessa sorte pare sia toccata anche a Facebook, eBay, Groupon, Zynga, eHarmony, Xing, SponsorPay e via copiando. Stesso meccanismo: l’originale compra il clone e il suo mercato, più casereccio ma pur sempre mercato.

E’ chiaro che non stiamo a Napoli di fronte alla “banda degli onesti” di Totò e Peppino, che tentano di clonare le diecimila lire. Ma sull’asse Palo Alto – Berlino, dove si gioca grosso, globale, innovativo. Per dirne una, Mark Zuckerberg, mago di Fb e re Mida di internet, ha acquistato Instagram –autoriale e immediato, immagini vintage stile Polaroid, poco più di un anno di vita, milioni di utenti e foto, da poco anche su Android- e punta su smartphone e tablet. Pare che se ne freghi di Pinterest (e del pc), che a sua volta cresce anche grazie ai suoi cloni nazionali, scovati da un recente articolo di Repubblica (Singterest per Singapore, Pin.me per la Russia, Fa.Xian per la Cina, Pintile per l’India…).

Qui la storia del clone si fa seria. Non è roba di ragazzi intraprendenti e voilà il colpo di fortuna, ma di pescecani della Rete, che si muovono tra innovazione e finanza con malloppi di miliardi di dollari. Ritornando ai Samwer, se li guardiamo da quest’altro punto di vista, siamo molto lontani da una comica banda del clone. Sono piuttosto giocatori globali e referenziati, che puntano le loro fiches miliardarie sul web del futuro. Fondatori di European Founders Fund (l’investitore internet e wireless leader in Europa); scelti, insieme a Bessemer Venture Partners (società di capitale a rischio più vecchia degli Stati Uniti), da LinkedIn Corporation per finanziare i futuri progetti del business network più grande del mondo. E molto altro ancora.
Intanto, Pinspire, alias Pinterest, procede. C’è spazio per tutti. Originali e copie. Ma qual è l’originale?

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