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Londra sotto processo, in tribunale ammessi i files Wikileaks

Se qualcuno ancora avesse avuto dubbi sull'importanza del lavoro svolto da Wikileaks, ora dovrà ricredersi. Grazie ai documenti riservati resi pubblici dall'organizzazione, un intero popolo - sì, un intero popolo, anche se ridottissimo nei numeri: tremila persone - forse avrà un'arma in più per ottenere giustizia. Quella che insegue da ormai quarant'anni.

Cominciamo con la notizia: l'Alta Corte britannica, con una sentenza storica, ha deciso di ammettere come "documenti processuali" le mail riservate che si sono scambiate, nel maggio del 2009, un alto funzionario britannico e un diplomatico americano. Documenti resi pubblici appunto dall'organizzazione di Assange. Quei file entrano così nel processo, nella quarantennale vicenda processuale che vede protagonisti gli abitanti delle Isole Chagos contro il governo inglese.

Quarantennale storia, perché quella degli abitanti del minuscolo puntino sulla carta geografica, nell'Oceano Indiano, fra le Maldive e Mauritius, è una vicenda che comincia nientemeno che nel '66. Quando l'amministrazione americana si accordò col Commissario per i territori britannici d'oltremare - Chagos rientrava e rientra nella sua competenza - per installare sull'atollo una base militare della Marina. Base - la Diego Garcia - che con gli anni è diventata la più importante dell'Oceano Indiano. Da qui partono le "missioni" in Iraq e Afghanistan.

Per realizzare il progetto fu necessario "deportare" però le poche migliaia di abitanti che lì ci vivevano. Mille e cinquecento, una mattina del 1973, furono "impacchettati" e portati nella vicina Mauritius. Gli altri, furono spediti in Inghilterra. Nessuno di loro, però, si è arreso. Dalla fine dell'operazione, il "governo in esilio delle Isole Chagos" (al plurale, perché sono una serie di minuscoli atolli, uno solo dei quali però era abitato) ha cominciato un lungo iter processuale contro l'amministrazione britannica. Accusata di aver deportato contro la propria volontà gli abitanti.

La causa è andata avanti per decenni, con alti e bassi. Una prima sentenza fu favorevole ai nativi, poi ribaltata dal governo che in quell'occasione usò una prerogativa della Regina. E via così. Poi, qualche anno fa, un'ulteriore svolta. Negativa. Sempre il Commissario britannico per i territori d'Oltremare - che ancora teoricamente continua ad avere giurisdizione sull'isola - ha deciso che l'intero mini arcipelago dovrà diventare "riserva marina" superprotetta. Lì, in quelle acque, sarà vietata qualsiasi attività umana. Tranne naturalmente, quelle legate alla base militare statunitense.

La notizia fu salutata con entusiasmo da qualche organizzazione ambientalista. Perché Chagos è davvero un luogo unico al mondo: ha una barriera corallina incontaminata, conserva un equilibrio ambientale irriproducibile altrove. Un paradiso, anzi forse "Il Paradiso". Il divieto del Commissario, però, a svolgere qualsiasi attività (non ci si potrà avvicinare neanche in barca), il divieto a svolgere anche semplici attività di pesca (che erano l'unico lavoro dei vecchi abitanti) suona come la condanna definitiva per chi lì vorrebbe tornarci a vivere. Anche se un giudice desse mai loro ragione, i nativi non potrebbero tornare. Perché una volta lì, cosa farebbero?

E così ad un processo, se n'è aggiunto un altro. Quello intentato sempre dal "governo in esilio" per provare a bloccare l'istituzione del parco marittimo. O almeno l'istituzione del parco con quelle regole. Pure qui, c'è stato il solito iter processuale dove non si è mai arrivati ad una sentenza. Infine, l'altro giorno, la notizia che può cambiare le carte in tavola: l'Alta Corte ha accettato la proposta degli avvocati e ha ammesso alla discussione in aula i file secretati, resi pubblici da Wikileaks.

Uno di quei file, infatti, riguarda messaggi confidenziali che il Commissario inglese si scambiava con gli americani. Dove, appunto, sosteneva che la nascita del parco avrebbe messo una pietra tombale sulle richieste dei vecchi abitanti. Di più: il giudice ha detto di sapere perfettamente che quei documenti sono stati ottenuti "illegalmente". Ma sono rilevanti e vanno tenuti presenti. Tanto più che sono di dominio pubblico.

Ci sono tante cose, insomma, in questa storia. C'è l'autoritarismo di un colonialismo che non vuole finire, c'è anche uno scontro - più sottile ma che non può essere sottovalutato - fra chi è convinto che la difesa dell'ambiente venga sempre prima di tutto e chi, invece, rivendica il diritto a vivere sulla propria terra. Ma sopra tutto questo, c'è un dato: la conferma che Wikileaks ha aiutato la democrazia. Ecco perché, alle manifestazioni di solidarietà con Assange, davanti all'ambasciata londinese dell'Ecuador, c'era anche la gente di Chagos. Quelle poche persone "deportate" quarant'anni fa.

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