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'Patria' di Felice Farina, un film di speranza. Nonostante tutto.

di Patrizia Di Terlizzi

Tre i personaggi, arroccati per protesta sopra una torre di una fabbrica, nella Torino dei nostri giorni. Trenta gli anni di storia che ci raccontano, attraverso gli occhi della memoria e delle bellissime immagini di repertorio.

Tutto avviene in una sola notte, quella che trascorrono in cima alla torre in attesa che la loro protesta venga raccolta da qualcuno, dalla tv, dai giornalisti. Il nuovo film di Felice Farina, nelle sale in questi giorni, ha come protagonisti Francesco Pannofino, Roberto Citran, Carlo Giuseppe Gabardini, ed è ispirato a Patria, il libro di Enrico Deaglio che ha come protagonista, invece, la storia d’Italia dal ’78 agli anni duemila.

Una fabbrica sta per chiudere. Salvo (Pannofino), operaio, lasciato dalla fidanzata e come non bastasse anche dalla macchina quel mattino, decide di salire sulla cima di una torre della fabbrica, per rabbia e per non perdere l’unica cosa che gli resta, il lavoro, minacciando di buttarsi giù. Nel tentativo di farlo desistere, lo segue Giorgio (Citran), diventando prima ostaggio e poi compagno di protesta nella notte che trascorreranno insieme, in attesa della televisione. Li osserva dal gabbiotto Luca (Gabardini), impiegato ipovedente e autistico, assunto in fabbrica come categoria protetta, e che decide di raggiungerli in cima alla torre nella notte. I tre, nonostante la loro diversità di vedute e di intenti, pian piano, su quel pericoloso ballatoio di ferro dove attendono il giorno, si ritrovano sempre più vicini. Poi, ognuno a suo modo, ci regala il suo punto di vista storico, attraverso pensieri, aneddoti, ricordi, mentre sullo schermo si alternano in un sapiente montaggio di scene notturne e filmati di repertorio della storia del nostro paese.
La voce graffiante di Salvo si sovrappone all’audio del cronista della tv negli anni di piombo, i ricordi di Giorgio sfumano sugli slogan di protesta nella Milano delle manifestazioni e lo sciorinare compunto di Luca di date e fatti si accavalla all’infinito elenco di nomi e cognomi dei colpevoli delle stragi dei maxiprocessi nelle aule dei tribunali nei filmati dell’epoca.

Un film originale nella scelta registica, nelle inquadrature lungo quella torre grigia lungo la quale si muovono i personaggi come su un palcoscenico verticale, e poetico a suo modo. Farina dimostra di saper usare la macchina da presa con grande sensibilità, come un pennello sulla tela, nel blu deciso delle tute da operaio stagliate contro il grigio della fabbrica e del cielo di Torino. Il montaggio sapiente di Esmeralda Calabria completa l’atto creativo. Una chicca di Francesco Pannofino, la canzone in chiusura, cantata e composta da lui stesso. I tre attori sono bravissimi, calzanti nei ruoli, a tratti anche comici, anche se il film non lo è. Amara riflessione sulla storia d’Italia, lascia spazio però ad uno spiraglio di luce, con l’epilogo lieto dei tre che troveranno insieme una brillante soluzione alle loro problematiche lavorative. Un film di speranza, in realtà, da vedere, per non dimenticare, e per credere ancora che la storia possa essere cambiata, anche dal basso.

In programmazione nei cinema italiani
Ancona Azzurro
Bologna Lumiere
Catania Paradiso
Firenze Spazio Alfieri
Genova Ariston
Milano Mexico
Napoli Delle Palme
Pescara Sant’Andrea
Pisa Arsenale
Roma Quattro Fontane, Antares, Greenwich
Torino Classico

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