*di Riccardo Russo
Siamo nel sud dell’Etiopia, poco distanti dal confine col Kenya, in una regione terribilmente arida, caratterizzata da due dure stagioni secche annuali e sconvolta da una recente alterazione nel ciclo naturale delle piogge. Qui vivono i Borana, una popolazione di pastori seminomadi la cui esistenza dipende da un delicatissimo equilibrio ambientale e da una singolare organizzazione sociale di tipo clanico, la gadaa.
I Borana sono più di 70 mila persone e la maggior parte di loro vive tradizionalmente allevando cammelli, zebù, capre, pecore e vacche. Sono sparsi in un territorio molto vasto per limitare la pressione sulle scarse risorse naturali ma all’inizio di ogni stagione secca, quando l’acqua in superficie comincia a scarseggiare, i Borana si mettono in cammino verso il loro antico tesoro rinnovabile. I tulla sono gruppi di pozzi secolari dalla spettacolare bellezza, enormi voragini a cielo aperto scavate a mano nella roccia che costituiscono l’unica fonte perenne per decine di migliaia di persone e milioni di animali. Questa risorsa fondamentale è gestita secondo regole antiche e attraverso un’organizzazione di tipo comunitario che ne garantisce a tutti l’accesso senza nessuno scambio di denaro. L’acqua non può essere pagata e in nessun modo all’interno del pozzo può essere fatto del commercio. A un pastore che vi arriva con gli animali assetati non può essere impedito di bere, nemmeno dal nemico. In questa regione sconvolta da continui conflitti etnici l’acqua dei Borana è dunque anche simbolo di elemento unificante e pacificatore.
Ogni giorno, durante la stagione secca, file di uomini si calano nei pozzi a formare lunghe catene umane per raggiungere la falda e portare l’acqua in superficie. Il loro lavoro è scandito da un canto ritmato che emerge e si spande nell’aria facendo da richiamo alle grandi mandrie provenienti da lontano, che vagano giorni in cerca di pascolo e che finalmente giungono al pozzo per abbeverarsi. Prima di lasciare il pozzo, tutti i pomeriggi, quando le bestie hanno finito di bere e le donne hanno portato ai villaggi l’acqua sufficiente, i pastori estraggono le ultime secchiate e le lasciano lì per gli animali selvatici che possono così avvicinarsi e bere durante la notte.
In questo periodo storico i Borana meritano una speciale attenzione per il modo straordinario con cui riescono a garantire a tutti l’accesso all’acqua in una delle regioni più aride della terra abitata. A tale scopo nel settembre del 2008 sono iniziate le riprese del film documentario “The Well/Il Pozzo”. Un progetto che intende valorizzare il loro tesoro e mostrarlo come esempio eccezionale di una gestione pubblica e partecipata del bene comune più prezioso. Le fotografie di Claudio Sica presentate in questo servizio sono parte di questo progetto e sono state scattate durante le riprese del documentario nella piana di Erder, dove sono attualmente in funzione 14 dei grandi pozzi.
Grazie al consenso dell’assemblea degli anziani abbiamo realizzato molte ore di girato raccogliendo una testimonianza dall’Africa che si appropria delle sue risorse e le gestisce autonomamente, secondo principi e regole che molto hanno da insegnare ai paesi del Nord industrializzato. Il documentario descrive alcuni aspetti della società Borana, il loro rapporto con l’acqua, con gli animali, con l’ambiente naturale e con la guerra, ma soprattutto gli effetti nefasti del cambiamento climatico in atto sulla vita delle popolazioni pastorali e il duro lavoro nei pozzi dei raccoglitori d’acqua.
“The Well/Il Pozzo” sarà presentato dopo l’estate. Scritto e realizzato da Paolo Barberi, Mario Michelini e Riccardo Russo, è prodotto dall’Associazione Esplorare la Metropoli insieme alla società di produzione Suttvuess di Roma. L’intero progetto è stato supportato dalla ong di Cuneo LVIA, che opera da quindici anni nel sud dell’Etiopia a contatto con i Borana.
*(geografo – documentarista)
www.esplorarelametropoli.it