You are here

L’Aquila, un progetto senza Bertolaso

la storia di Collettivo 99, un gruppo di tecnici abruzzesi under 40

di Elisa Cerasoli

“L’Aquila dov’era e non com’era”. E' stato subito questo l’indirizzo del Collettivo 99, un gruppo di tecnici aquilani under 40 che nel sisma hanno voluto leggere l’occasione per una riconversione dell’intero territorio ispirandosi a luoghi come Barcellona e Berlino. Città che hanno superato disastri sociali, economici e umani, presentandosi all’appuntamento con il futuro in forma smagliante e che del proprio passato hanno saputo salvaguardare la purezza declinandola al presente grazie a riusciti innesti che la tecnologia e la ricerca hanno loro consentito.

Tutto il lavoro del Collettivo, composto da ingegneri, architetti, geologi, antropologi, esperti di comunicazione e nuove tecnologie cominciato ormai più di un anno fa, trae le mosse dalla consapevolezza che ricostruire la città dell’Aquila non può prescindere da una analisi su scala globale di ciò che essa era e di ciò che è adesso. Da qui l’idea, o meglio, l’esigenza di ragionare sulla ricostruzione tenendo conto di concetti fondamentali come la sostenibilità, il rapporto fra città e campagna e la riconversione del territorio, per esempio. Il tentativo è per questi tecnici quello di restituire alla cittadinanza un luogo in grado di competere con il futuro, un luogo che, ricostruito, fosse in grado di superare i limiti della sonnacchiosa città di provincia, lenta e burocratizzata, che L’Aquila era prima del 6 aprile. Perciò i membri di Collettivo 99 hanno scelto, all’indomani del terremoto, di non abbandonare il proprio territorio e di investire su di esso, dimostrando un coraggio che invece sembra mancare in chi, avendo la possibilità di puntare sul loro lavoro, ha deciso di non coinvolgerli.

Nel loro lavoro, i giovani tecnici hanno proceduto immaginando dunque L’Aquila del futuro, per farlo hanno preso in considerazione tutto lo spazio cittadino, dal centro alla campagna aperta, passando attraverso le periferie, in alcuni casi fortemente danneggiate dal terremoto, immaginando di intervenire lì con opere pubbliche capaci di emanare qualità urbana: isole di produzione ed erogazione di energia, ma anche luoghi di incontro e cultura.

In ogni singolo palazzo da ricostruire c’è, secondo il Collettivo 99, una risorsa da migliorare con nuove qualità architettoniche ottenute anche grazie a involucri energetici, pannelli e serre solari, camini di ventilazione, punti per lo sfruttamento di energia eolica. Imprescindibile, inoltre, l’equazione “Co2=0” che obbliga a considerare la campagna che abbraccia la città come un luogo fondamentale che deve essere coinvolta per interventi che garantiscano alla città l’autosufficienza alimentare attraverso l’uso compatibile e produttivo del territorio, assecondandone natura, vocazione, peculiarità ed esigenze. Ma la grande questione, come i cittadini e le autorità denunciano ormai da tempo, è il centro storico. Lì, propongono i giovani tecnici, potrebbero essere degli innesti, interventi tecnologici e dichiarati di architettura contemporanea, luoghi di tecnologia digitale e energie alternative, a riempire i vuoti procurati da crolli e demolizioni.

Categorie: