di Ugo G. Caruso *
Adieu a Georges Descrierès, indimenticabile Arsenio Lupin televisivo. Grazie al suo stile, all’ironia e allo charme il ladro-gentiluomo di Maurice Leblanc avrà sempre le sue sembianze nel nostro immaginario essendosi egli imposto su tutti gli interpreti cimentatisi nel ruolo prima e dopo di lui, sul grande come nel piccolo schermo.
Quando nel 1972, la Rai iniziò a trasmettere la serie, bastò quel foxtrot con le sue eleganti silhouettes animate a condurci in un mondo sofisticato e fatuo quale era la società di facoltosi borghesi ed aristocratici da lui scelti per i suoi sensazionali colpi intervallati puntualmente da parentesi galanti con belle e seducenti signore spesso disposte a lasciare tutto e a fuggire via con lui spartendosi il bottino. Avevo 16 anni ai tempi della sua comparsa sullo schermo domestico e ricordo nitidamente come m’immalinconissi invece sulla sigla di chiusura per tre motivi: innanzitutto perché si era appena concluso il mio telefilm preferito, poi perché l’indomani a scuola mi attendevano lunghe e pesanti ore di greco, latino e matematica e, da ultimo, perché a cantare la romantica chanson era Jacques Dutronc, piuttosto sconosciuto in Italia, a differenza che oltralpe dove era un divo, di cui avevo letto tempo prima su Qui Giovani che era il compagno della stupenda Francoise Hardy e pertanto da me molto invidiato. Curiosamente la serie spostava in avanti l’azione del nostro Robin Hood in frac, diciamo in un periodo compreso tra le due guerre, sollevandolo di peso dalla Belle Epoque dei feuilletons di Leblanc che, non dimentichiamolo, nascevano come risposta alla caduta dello spirito nazionale dopo la disastrosa sconfitta di Verdun e come riflesso della cattiva coscienza degli scandali della Terza Repubblica, dell’affaire Dreyfuss e del dilagare dell’anarchia ( la Banda Bonnot). Sottratto così definitivamente al confronto con i coevi e più truci Fantomas e Rocambole, anch’essi peraltro sottoposti sovente a bruschi cambi d’epoca da cinema, televisione, fumetti e pastiche letterari, Arséne Lupin col fedele Grognard, nei 26 episodi della serie può scorazzare a tutta velocità su vetture d’epoca, sedurre nobildonne e avventuriere, sfuggire agli arresti con trovate spettacolari e misurarsi con l’ostinato e goffo Herlock Sholmes, suo irriducibile avversario.
Il successo in Italia della serie, mai dimenticata, anzi riproposta più volte anche di recente in edicola e sui canali tematici, va inquadrato nella particolare familiarità che legava il pubblico di casa nostra ad un genere particolare di prodotti televisivi transalpini come il fantastique (Belfagor, I compagni di Baal, I compagni di Eleusis), il cappa e spada (I banditi del Re, Capitan Tempesta), l’avventura (Thierry La Fronde) o appunto il feuilleton poliziesco (Vidocq). Da molto tempo non è più così e possiamo tranquillamente affermare che ciò è coinciso con un impoverimento della programmazione, appiattita solo su prodotti americani, talvolta tedeschi per gli spettatori più anziani o giapponesi per il pubblico infantile, in linea con il generale scadimento della televisione italiana più che altrove. D’altronde la cultura francese era di casa da noi pure nel cinema, nei fumetti, nella musica leggera,etc. Fino a trent’anni fa il nostro paese non si era ancora definitivamente votato ad essere più che periferia, vera e propria discarica dell’impero americano (nel quale peraltro si continuano a produrre anche serie eccellenti) ed alla conseguente unidimensionalizzazione culturale, rinunciando definitivamente ad un dialogo con i paesi europei o più prossimi.
Anni fa fui ospite di un talk show di Canal Jimmy, Destinazione Serie, curato da Giusto Toni e Guido Pugnetti, la cui puntata era per l’appunto dedicata all’Arsenio Lupin televisivo. In studio l’altro ospite era l’anziano regista Marcello Baldi che aveva firmato l’episodio “ italiano” della serie, La donna dai due sorrisi, coprodotto dalla Ultra Film di Turi Vasile ed interpretato tra gli altri da una giovane ed esuberante Raffaella Carrà, ancora incerta tra la carriera di attrice e quella di soubrette. In quell’occasione Baldi oltre a sottolineare le doti di Descrierès, descrivendolo come un professionista impeccabile, serio, disponibile, si chiedeva che fine avesse fatto, stupendosi del lungo silenzio da tempo calato sul suo nome. In effetti, anche io non me ne facevo una ragione e confesso che ogni qualvolta mi trovavo a Parigi, passeggiando nei pressi del Jardin du Luxembourg, sbirciavo se tra i cartelloni esposti dinanzi al Theatre de l’Odeon, sede della Comédie Francaise di cui Descrierès faceva parte, il nostro non comparisse in qualche spettacolo. Se così fosse stato non me lo sarei perso a qualunque costo. E invece non mi capitò mai di incrociarlo poichè questi a quel tempo aveva già di molto diradato la sua presenza sulle scene. Ma Descrierès, al secolo Georges René Bergé, oltre ad una carriera teatrale di tutto rispetto prima di vestire i panni di Lupin, aveva già dato prove importanti come attore cinematografico. Estraneo alla Nouvelle Vague ma coevo della stessa e dunque partecipe di quello straordinario clima di effervescenza culturale che respirarono le arti e il cinema francese, apparve in un film accanto a Brigitte Bardot prima di interpretare Athos in una versione de I tre moschettieri. Ma due sono i film più significativi precedenti la sua fortuna televisiva. Lo ritrovai con piacere in due titoli recuperati anni dopo: Ce soir ou jamais del 1961 di Michel Deville in cui compone un quartetto brillante con Anna Karina, Claude Rich e Francoise Dorléac e la magnifica commedia malinconica Due per la strada (Two for the Road) da Stanley Donen nel 1967, in cui tenta è un seduttore impenitente che tenta di insinuarsi all’interno della coppia composta da Albert Finney ed Audrey Hepburn.
Ammalato da tempo, se n’è andato all’età di 83 anni. E a questa brutta notizia se ne aggiunge un’altra per tutti i telesaudadisti e gli amanti della televisione di qualità. Sarà impossibile d’ora in poi gustare una nuova trasposizione di Arsenio Lupin per lo schermo. E’ già successo con il film di Jean-Paul Salomé del 2004 interpretato dal pur bravo Roman Duris. Troppo forte la tentazione di sovrapporre le fattezze e le movenze eleganti di Georges Descrierès perché il confronto non risulti perdente per chiunque altro.
* fondatore del Movimento Telesaudadista