di Antonio Mango
Strane cose intorno al Napoli. C’era una volta una società che si vantava di lanciare il business globale del pallone. Che voleva rottamare il governo del calcio all’italiana, sconvolgendo calendari e interessi. Che preferiva un campionato europeo delle grandi a quello casereccio della provincia tricolore. Che acquistava Lavezzi, Hamsik, Cavani, Higuain, Callejon, Mertens, uno o due campioni all’anno per scudetto e coppe. Che si proponeva di diffondere il verbo della napoletanità, col suo prezioso cofanetto di simboli calcistici senza frontiere. Poi, la nebbia di una fase indecifrabile. Il cuore di tutto è una vox populi: De Laurentiis vende a uno sceicco. La diagonale tra pezzi di cronaca – tipo l’aiuto arabo al Giffoni Film Festival- conduce al Qatar in salsa campana, dove si farà Napoli-Juve di supercoppa (a dicembre).
Vero o falso? Sembra vero se la conferma te la spiattella un ex - dirigente del Napoli. Sembra ancora vero se si guarda alla campagna acquisti e cessioni della società, divisa tra impotenza e intenzioni non si sa quanto insistite. In cima alla lista una sfilza dei più forti mediani in circolazione. Tutti mancati (con dispiacere?). Ancora: inizio campionato e Champions. Un disastro, tipico delle transizioni, quando si sa poco o troppo. Lo stadio nuovo o rifatto? Vero è che non se ne parla più come un tempo. E doveva essere il fulcro della crescita patrimoniale della società. Insomma, il Napoli è una specie di Araba Fenice. Rinasce dalle sue ceneri per fare del calcio all’ombra del Vesuvio uno spettacolo da cinema. Sul più bello si ferma e becca i fischi dei suoi tifosi. Dalla rivoluzione a Tavecchio. Con buona pace di Benitez e dei suoi giocatori (per fortuna in ripresa). Che ci sia, dietro questo mistero azzurro, lo sceicco e una seconda rinascita? Una sola cosa per ora è sicura: quello che si conosce a Napoli è Totò sceicco alias il maggiordomo Antonio Sapone.