Per il decimo incontro del ciclo I capolavori sconosciuti secondo Ugo G. Caruso il Cineclub Alphaville di Roma (v. del Pigneto, 283) sabato 6 dicembre alle ore 21 propone Laissez-passer (2002) di Bertrand Tavernier, film ambientato negli anni dell'occupazione tedesca di Parigi che ricostruisce la vicenda di due cineasti francesi, Jean Devaivre e Jean Aurenche. Per festeggiare il piccolo traguardo del "suo" decimo capolavoro, Caruso promette inoltre una vera chicca per cinefili, il breve assaggio di un titolo proprio di Deveivre, La signora delle 11, un noir raro e molto originale del 1947.
Per un'occasione speciale come il decimo appuntamento del ciclo I capolavori sconosciuti secondo Ugo G. Caruso la scelta del curatore non poteva che cadere su un film straordinario quale sicuramente è Laissez-passer e su un autore come Bertrand Tavernier che nella sua filmografia di capolavori ne annovera un bel pò (Che la festa cominci, Una domenica in campagna, Round Midnight' La vita e niente altro). Nonostante la sua evidente superlatività, il film è ancora ben lontano dall'acquisire lo status di capolavoro, forse per le recensioni tiepide raccolte in Francia o addirittura per le accuse di revisionismo mossegli da qualche idiota. Dunque sconosciuto non proprio ma neppure capolavoro conclamato. E così Ugo G. Caruso ha buon gioco nel proporlo nella sua rassegna perorando al contempo il riesame del caso da parte della critica. Laissez- passer è un film sul cinema ma non è un meta-film come sarebbe probabilmente divenuto nelle mani di un autore della Nouvelle Vague. Com'è noto, Tavernier si colloca agli antipodi dei suoi colleghi ex Cahiers e realizza un film ispirandosi a fatti e personaggi reali che nel caso sono cineasti noti come il regista Jean Devaivre (Jacques Gamblin) e lo sceneggiatore Jean Aurenche (Denis Podalydès), il quale più tardi insieme a Pierre Bost darà vita alla più celebre coppia di scenaristi del cinema classico francese. A conferma di un'insanabile divergenza estetica va detto che Aurenche e Bost, identificati coll'odiato "cinéma de papa", furono bersaglio degli strali lanciatigli dagli enfants terribles che si formarono intorno ad Andrè Bazin mentre Tavernier si ritrovò a collaborare con loro. Tornando a Laissez-passer, il film è ambientato a Parigi nel marzo 1942 durante l'occupazione tedesca. La Continental è una casa di produzione fondata nel 1940 da Albert Greven ma passata sotto il controllo dei tedeschi. Qui si fa assumere Jean Devaivre, uomo d'azione, coraggioso e impulsivo ma solo per coprire meglio il suo impegno nella Resistenza. Al contrario, Jean Aurenche, poeta e donnaiolo alle prese con tre amanti, fa di tutto per non collaborare con gli occupanti. Intorno ai due Jean gravita una folla di personaggi complementari, un milieu vividamente descritto da Tavernier con tocchi rapidi ed efficaci. Alla Continental però non si producono solo film di propaganda ma anche opere ambigue e corrosive che spesso fanno saltare i nervi a Goebbels. La sceneggiatura si basa su fatti reali, molti dei quali appartengono alla storia del cinema francese ma pure probabilmente attinte da Tavernier alle confidenze che a suo tempo gli avrà fatto lo stesso Aurenche. Tra i personaggi di contorno sfilano Maurice Tourner, Henri Georges Cluzot, Charles Spaak, Jean Paul Le Chanois, Andrè Cayatte, Claude Autant-Lara mentre Michel Simon si intravede di spalle e di Harry Baur si menziona l'arresto e le torture subìte dalla Gestapo. La Continental diventa così lo specchio della Francia di Petain con tutte le sue angosce, le sue miserie, il suo arrabbattarsi, le sue ansie di riscossa. Ad un tratto una battuta recita: "C'è chi fabbrica pane e chi fabbrica film". Laissez-passer è per l'appunto un film-romanzo, un dramma asciutto, forte, dal ritmo battente che sa alternare momenti di grande lirismo (la lunga sequenza della traversata in bicicletta del Nord della Francia da parte di Devaivre) ad altri umoristici (il farsesco incontro del protagonisti con i servizi segreti inglesi) in cui Tavernier, grazie ad una non comune capacità di controllo della materia narrativa nonostante la sua considerevole ampiezza (170'), perviene ad un affresco corale magistralmente orchestrato, una tranche di comédie humaine di alta scrittura. E se non è questa la descrizione di un capolavoro....