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Interismo leninismo, fai qualcosa col sinistro

Se il calcio scende in politica

“Ogni rivoluzione comincia nella propria area di rigore e finisce nella porta avversaria”. Questa la scritta che campeggia sul sito degli Interisti Leninisti, il movimento politico-calcistico che da qualche anno propone nuove e sinergiche passioni agli orfani dell'impegno. Quello che differenzia questo che sembra un interesse a prima vista simpaticamente “vintage” dalle classiche filosofie ultrà è proprio la concezione del tifo. La passione per la squadra in questo caso diventa identità culturale, prima ancora che politica. E compensa anche quasi quel gap di elaborazione teorica che ha lasciato molti intellettuali appesi ai “pensieri deboli” delle tattiche invece che provare e riprovare a rimettere insieme un “ pensiero forte” che faccia da strategia.

Possibilmente, vincente, tanto sul campo di gioco quanto nella società. In questo senso, la scelta dell'Inter come bandiera è più che adeguata. E il paragone tra i nerazzurri e la sinistra sembra essere perfetto almeno nel DNA: nata da una ribellione, quella alla regola che impediva ai giocatori stranieri di giocare nel Milan, l'Internazionale FC già nel nome, uguale a quello dell'inno dei lavoratori, conteneva un destino. E poi, nel corso del tempo, fu giocoforza antifascista, quando fu costretta da Mussolini a cambiare nome: Ambrosiana Inter, fu ribattezzata, in un “ prossimamente” del pensiero leghista che verrà. Fino alla battaglia anti cricca, contro Moggi e Galliani, che provocò Calciopoli e le ridiede il maltolto. Ora il libro di Luigi Cavallaro, severo magistrato delle sezioni del lavoro e studioso di economia e storia contemporanea, su “Interismo Leninismo” apre il fronte dell'elaborazione teorica e della riflessione su calcio e sinistra attraverso l'Inter. Cominciando con una considerazione : il calcio è il teatro della società di massa. Ne ha assunto la funzione sociale, quella di fornire un codice condiviso dei conflitti e delle angosce che tutti sperimentiamo. Oggi, il calcio è uno dei momenti dove meglio sono rappresentati gli umori più profondi della collettività, e dove affiorano e prendono forma i cambiamenti. La conferma sta nello sfogo che Nedo Ludi, immaginario stopper di un romanzo citato dall'autore, fa al suo procuratore circa i suoi rapporti con un allenatore seguace di Arrigo Sacchi.

“Quest'uomo parla di parole. Lui vuole intensità. Ma cos'è? Io devo impedire agli avversari di segnare. Se ci riesco sono bravo, se no ho perso. Ma come faccio a sapere se sono stato intenso?”.

Tra i vari meriti di “Interismo Leninismo”, c'è quello di raccontare come la lingua e il lessico (“esistenza parlante di una società” secondo Marx) siano divenute le spie di un cambiamento epocale del modo di giocare il football. E un'indagine filosofica di tipo materialistico come quella di Cavallaro ne inquadra bene le diverse fasi. La tesi di fondo è che la zona – applicata bene – è come il comunismo: ideale per tutti, giocatori e spettatori, se funziona come l'Ajax degli anni 70 o il Milan degli anni 80 e l'ultima Inter di Mourinho. Ma trasforma una squadra in un'entità grigia e spiacevole, quando non in un incubo, se la sua applicazione è sbagliata, ideologica, burocratica. Perciò , paradossalmente, “Interismo Leninismo” entra con i piedi nel piatto di una delle diatribe più interminabili degli ultimi anni: la funzione del leader nella sinistra. Prova a capire come, perché e in che misura un leader funziona. E lo fa da un punto di vista originale e godibile, parlando di calcio. Già solo per questo, si qualifica tra i finalisti dei libri da comprare quest'estate.

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