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Sudafrica, i blogger che moltiplicano l'arte

L'altra faccia del paese dei Mondiali

di Viola Sarnelli

“Le uniche cose che vengono prese sul serio in Sudafrica sono l'alcol, il calcio, il rugby e il cricket”,

Aryan Kaganof è un poeta/blogger sudafricano che utilizza Internet per condividere le sue creazioni e i suoi pensieri con un pubblico sempre più vasto. Il mondo dei blogger sudafricani comprende e rielabora molto di più della sola cronaca di costume, ospitando soprattutto un dibattito culturale parallelo e complementare a quello che trova (poco) spazio in un'editoria dal taglio prevalentemente commerciale.“Non posso permettere che il mio lavoro sia costretto entro le mediocri opinioni del mercato”, spiegava sempre Kaganof, il cui blog è uno dei più frequentati da artisti, poeti e intellettuali sudafricani.

Non tutti i blog più seguiti in Sudafrica hanno lo spessore culturale e il seguito di quello di Kaganof, ma in un Paese in cui l'accesso ad internet, benché raddoppiato nel corso negli ultimi anni, riguarda ancora il solo 10.8 % della popolazione, stupisce comunque come i blog riescano a raggiungere un pubblico relativamente ampio - come dimostrano ad esempio le competizioni annuali per il migliore blog sudafricano, o le inserzioni pubblicitarie di grossi marchi internazionali. Anche molti dei siti dichiaratamente poco propensi alla critica dell'establishment, come South Africa Rocks ( 'il Sudafrica spacca' - http://sarocks.co.za/), dedicano talvolta ampio spazio a temi 'politici', come la "giornata della Gioventù" che in Sudafrica commemora i giovani manifestanti neri uccisi dalla polizia a Soweto il 16 giugno 1976. Quello che differenzia però le diverse voci è la capacità di incidere criticamente non tanto sul passato quanto sul presente, impresa assai più complicata se è vero che, come scrive ancora D'Abdon nell'introduzione a "I nostri semi", antologia di poeti sudafricani del post-apartheid pubblicata da Mangrovie, il 'nemico' del Sudafrica di oggi è assai più difficile da identificare rispetto ai tempi della segregazione razziale. Sono ora i 'fratelli neri' ad essere in molti casi collusi con le multinazionali e gli organismi economici sovranazionali, perpetrando "nuovo apartheid costruito non più su basi economiche ma razziali".

In mancanza di forti movimenti politico-sociali assimilabili a quelli degli anni '90, i giovani spoken word artists, che diffondano i propri versi in performance da strada o via blog, sembrano mantenere un ruolo socialmente riconosciuto nella capacità di narrare storie attraverso un flusso ritmico incisivo e spontaneo, che rielabora quella tradizione orale mai interrotta dei cantastorie ormai quasi del tutto scomparsa in occidente, 'seminando' allo stesso tempo visioni critiche della politica e della società circostante, seppure attraverso strumenti e linguaggi marcatamente transnazionali.

Performance e festival di slam poetry non sono quindi in Sudafrica fenomeni di nicchia ma occasioni di confronto e discussione allargate e trasversali, che si ripetono frequentemente in spazi sia autogestiti che istituzionali. Tra gli ultimi eventi dedicati c'è stato Words in Action lo scorso agosto all'Africa Museum della Newtown di Johannesburg, i cui interventi di performer più o meno giovani o affermati sono tuttora visibili su youtube (http://www.youtube.com/watch?v=iBpYjfqrMcU&feature=related), o l'Urban Voices International Arts Festival che sempre l'estate scorsa ha cercato di proporre "i più diversi, originali e taglienti versi agli estimatori sudafricani delle arti".

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