Il parlamento sammarinese ha approvato a larga maggioranza una mozione in cui si estende la possibilità di richiedere il permesso di soggiorno, e quindi la residenza, ai conviventi anche se dello stesso sesso. Si tratterebbe in pratica di un riconoscimento giuridico delle coppie di fatto: un sammarinese potrà dichiarare di costituire famiglia insieme a un individuo dello stesso sesso, qualunque sia la sua provenienza geografica, e quest'ultimo sarà riconosciuto cittadino di San Marino.
Mentre la comunità gay esulta, il vescovo di San Marino-Montefeltro, Luigi Negri, vicino a Comunione e liberazione e fraterno amico del papa, interviene a dire la sua. «Non posso non ricordare ai cattolici» afferma monsignor Negri, «che questo voto è contro la Chiesa e a tutti che è contro l'uomo». Commenti a parte, la svolta sammarinese è evidente. Fino al 2008 l'omosessualità, anche soltanto dichiarata, era un reato perseguibile penalmente in quanto l'antico codice del 1865, in vigore appunto fino al 2008, considerava «aggravato» l'atto sessuale «contro natura». La pena poteva prevedere anche i lavori forzati.
Quattro anni fa il codice è stato riformato ed è scomparso il reato a carico dei gay che adesso acquisiscono anche il diritto alla cittadinanza, non facile da ottenere nella repubblica di San Marino. In passato la scorciatoia per avere la cittadinanza sammarinese in molti casi è stata il matrimonio, attraverso il quale il neo-coniuge non residente la ottiene automaticamente. La rivoluzione introdotta ora dal parlamento del mini-Stato è che, ai fini della cittadinanza, il matrimonio omosessuale è equiparato all'unione tra persone di sesso diverso.
da www.globalist.it