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Sinistra e TV, scusate il ritardo

“Bisogna ricreare un'industria audiovisiva di massa”

Intervista a Stefano Balassone, già vicedirettore di RAI tre

L'economia dell'informazione e il suo controllo. Dalla legge bavaglio all'attacco al WEB. Dalle notizie taroccate a quelle oscurate. Questi il tema di un convegno che si è svolto ieri, a Napoli, presso la sede del CIREM. Sono intervenuti Stefano Balassone (docente Suor Orsola Benincasa) e Pietro Greco ( giornalista scientifico) in un dibattito sui temi della libertà di stampa, del mercato dell’informazione e il suo controllo, alla luce dei fatti di queste ultime settimane.

Con Stefano Balassone, che insieme ad Angelo Guglielmi è stato tra i fondatori di RAI Tre, parliamo delle prospettive di resistenza e dei margini che ancora restano per affrontare in maniera diversa la legge-bavaglio, ma anche la “questione televisiva ” che le sta alle spalle.

Professore, l'Italia è al 72esimo posto nella classifica della libertà di stampa nel mondo. Com'è stato possibile arrivare a questo punto?

Perché ormai da noi manca la dimensione dell'industria. Tanto delle news quanto dell'entertainment. Ed è solo in questa condizione che è possibile concepire una legge-bavaglio.

Eppure la sinistra aveva cominciato bene. Rai Tre all'epoca era una risposta giusta e anche avanzata, sul terreno televisivo. Dopo invece...
Tenga presente che quell'esperienza è nata per caso, da una dinamica di lottizzazione in cui il PCI si affacciava come forza di governo, e che affidò – con una scelta furba e saggia a un tempo – a Guglielmi, intellettuale disorganico, perché così se andava bene il merito sarebbe stato di tutti, se andava male invece la colpa solo sua. Sappiamo che è andata bene, ma per caso. Come un fiore che nasce nel deserto.

Ma ci sono responsabilità della classe intellettuale? Com'è possibile che un'intera classe di intellettuali di sinistra sia da 30 anni così inerme di fronte a strategie comunicative tutto sommato rozze, per quanto efficaci?

Perché la sinistra nel suo complesso, è ancora ferma al '900. A un'idea pedagogica della TV, vista come un amplificatore, un grande comizio.
La sinistra vive ancora in un mondo verticale, fatto di valori forti, con lo Stato – sia quello cattivo, stalinista, sia quello buono, socialdemocratico – al centro della società. Mentre il nuovo millennio ci ha messo di fronte al trionfo dell'individualità, e a un'orizzontalità dei processi sociali che sfuggono alle categorie interpretative della sinistra, che non ha nemmeno più i linguaggi per descriverle. Oggi, la stessa società cerca la sinistra, tanto che il nome stesso dell'associazione che fa questo convegno, “Sinistra Svegliati” , la evoca. Detto questo, il problema è che l'idea della sinistra è quella di fare TV per dire qualcosa, per mandare un messaggio. Mentre quella della destra è di usarla per fare marketing, come moltiplicatore economico di merci. La sinistra non ha capito che la Tv si usa per determinare una dinamica sociale, per stimolare delle azioni. E quindi rimane ancorata a una visione antica del mezzo.

Come si esce da questa situazione?
Intanto con una battaglia culturale, una presa di consapevolezza che il mezzo va usato, (perché c'è anche chi dice che meglio starne lontani) e con un criterio strategico e non con le logiche burocratiche in cui il massimo della libertà è il mantenimento della “par condicio”. Poi , invece, puntando a una strategia che riporti l'Italia dentro un mercato nel quale non c'è : quello della comunicazione, dell'industria audiovisiva di massa. Oggi il nostro paese è una rivendita locale affidata a un monopolista. E non produce nulla che possa essere appetibile dal mercato, ma consuma solo prodotti e modelli degli altri.

Le iniziative di networking e di “trasmissioni unificate” come quella di “Rai per una Notte“ di ieri e “Libera Rete” di oggi possono spingere in questo senso?
Azioni così hanno un grande valore sociale, aiutano la consapevolezza di massa dell'importanza dell'informazione, al limite aiutano a creare una domanda qualificata ma non possono risolvere il problema della mancanza di un'industria culturale di massa. Ci vuole una politica industriale, una scelta di fondo di una classe dirigente che mai come ora sembra inadeguata alla sfida. Ci vuole, come sempre, una visione politica globale. Obama, con tutti i suoi limiti, lo sta facendo. Potrebbe essere una sfida interessante per dare alla sinistra una dimensione europea. Chissà che da queste iniziative non venga fuori qualcosa in questo senso...

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