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L'ultimo mistero, chi ha "soffiato" alla stampa 'incontro tra Lumìa e Provenzano ? - di Tancredi Omodei

"Il risultato? La fuga di notizie sugli incontri avuti in carcere ci espone ancor di più. Il risultato è questo. E poi...". Poche parole le prime dette dal senatore Beppe Lumia, aperto Il Corriere della Sera e letto l'articolo di Bianconi sulle visite al carcere di Parma, la prima il 26 maggio, tre giorni dopo l'anniversario della strage di Capaci.
Beppe Lumia, già presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, oggi membro della stessa Commissione da sempre nel mirino di Cosa Nostra, e Sonia Alfano, Presidente della Commissione Antimafia recentemente istituita dal Parlamento europeo.

In quel "E poi..." c'è la convinzione che se ci fosse stato uno spiraglio anche piccolo per avvicinarsi alla verità sulle stragi, adesso tutto è diventato maledettamente più difficile. Non che si fossero intraviste crepe profonde nei silenzi di un Provenzano, ma qualche piccolo cedimento, questo si, legato al futuro dei figli. Cedimento registrato dagli stessi particolari offerti dall'articolo. Quando Lumia ci consegna le poche parole che si sente di dire al telefono, rinviandoci ad una risposta che comunque ci sarà, già si sono alzate le polemiche e le parole di scandalo per quell'incontro in carcere.

Arrivano dal centrodestra, le battono le agenzie. Cosa aveva detto Provenzano nel colloquio con Lumia e Sonia Alfano? Sul Corriere c'é tutto: date e, tra virgolette, tutti i passi del colloquio. I parlamentari in carcere possono avere colloqui, ma tutto va registrato nel dettaglio e passato a chi di dovere per competenza d'ufficio. Sollecitata da più parti, è stata la stessa Severino, ministro della Giustizia, a confermare la regolarità della trasmissione delle relazioni sui colloqui. Però, parrebbe che, in questo caso, qualcuno ha pensato di far fare il giro lungo all'informativa.

Comunque siano andate le cose, la sensazione è antica: quando la strada offre qualche possibilità di avvicinarsi alla meta, c'è chi scava profondi fossati, li riempie d'acqua perché la verità affoghi, se mai se ne sentisse appena il vagito. E veniamo al primo incontro con Bernardo Provenzano, come raccontato dal Corriere. L'anziano padrino, un po' confuso - è registrato anche questo dettaglio -, risponde alle sollecitazione dei due parlamentari: «Sì, ma i miei figli non devono andare al macello». Il senatore e l'eurodeputata gli assicurarono che lo Stato avrebbe potuto garantire loro un avvenire. «Fatemi parlare con loro, coi miei figli, e poi sarà la volontà di Dio».

Invece dei figli, qualche giorno dopo il vecchio capomafia vede arrivare i magistrati della Procura antimafia di Palermo. In assenza dell'avvocato, cercano elementi utili alle indagini, qualche disponibilità. Niente, niente di niente, solo silenzio. «Non voglio fare del male a nessuno», dice Provenzano. Male a chi? Rovinare chi? Certo le sue parole non possono riferirsi a quei figli che gli stanno tanto al cuore. E allora, a chi si riferisce Provenzano? Arriviamo al 4 luglio. A Provenzano è stato già notificato l'avviso di conclusione indagini per l'omicidio Lima e la trattativa Stato-mafia. Lumia e Sonia Alfano tornano alla carica con un nuovo colloquio.

Come prevede la legge, assistono i responsabili della polizia penitenziaria. Alla fine, scrivono una relazione e la mandano alla Direzione Generale delle Carceri, alle Procure di Palermo e Caltanissetta. E alla Direzione nazionale antimafia. Una dietro l'altra, sappiamo tutte le battute del colloquio. «Un uomo con la schiena diritta sta con lo Stato e la legge dello Stato», prova a dire Lumia. Lapidario il vecchio padrino: «Sia fatta la volontà di Dio». «Non c'è Dio senza verità», ribatte Lumia. Provenzano non replica e si rifugia nuovamente nel tema che gli è più chiaro, i figli.

Sonia Alfano e Lumia ne approfittano: ci sono «strumenti della legge» anche per i figli dei collaboratori di giustizia che sono decisivi alla costruzione della verità. Torna il silenzio di Provenzano, dice «di non avere più una buona memoria, e quindi di avere paura di fare "malafigura"», una brutta figura. Provenzano ha superato gli 80, la sua vita non ha altre pagine in libertà, può solo "vendere" quel che gli resta per il bene dei figli. E quel che gli resta, dietro il silenzio, è tantissimo, preziosissimo per la giustizia, pericolosissimo per tanti che l'hanno fatta franca.

I figli, una vera ossessione per Binnu. Vorrebbe rivederli nel chiuso del "41 bis". E'stato Lumia a ricordargli che non è possibile a suggerirgli di parlare con i magistrati che indagano sui fatti di mafia. Loro avrebbero potuto ascoltare le sue richieste. Gli agenti annotano tutto, anche che gran parte del colloquio si è svolto in dialetto. A maggio Lumia e Sonia Alfano avevano provato con Filippo Graviano, poi con il capo del clan dei casalesi Francesco Bidognetti; ed anche con Antonino Cinà, il medico entrato nelle carte della famosa trattativa Stato-mafia dopo le stragi del '92.

Con Bidognetti, Lumia e la Alfano sono rimasti mezz'ora, soprattutto ad ascoltare accuse e ingiurie ai pentiti. Ultimo capitolo, Nino Cinà: «Io no ho avuto un ruolo in Cosa nostra, ho solo curato dei mafiosi per dovere etico e morale». Trattativa? Io sono estraneo a tutto e Massimo Ciancimino non è attendibile nelle sue accuse. Così parlò Cinà.

Prima di lasciarlo, il saluto di Lumia a Cinà: «Dobbiamo sconfiggere Cosa nostra». Il medico lo guarda e replica: «Cosa nostra è stata sconfitta con l'arresto di Riina». Quando è Sonia Alfano a dirgli arrivederci, Cinà ribatte con un sorriso: "Sono a sua disposizione, a 360 gradi". Lumia e Alfano dicono che torneranno a Parma, fanno notare come sempre, ad ogni colloquio, ci sia stato in loro l'invito ai boss a rivolgersi ai magistrati. Nell'attesa, in un agosto già abbastanza caldo è la polemica che accende il fuoco, mentre i veleni di chi si muove nell'ombra hanno gli stessi effetti di sempre.

da www.globalist.it

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