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Il post porno, la politica e la questione immorale

Foto Tea Guarascio

 

di Giulio Gargia

Il sesso torna a fare politica.

Le cronache sulla Minetti, il processo Ruby e tutta la vicenda del Bunga Bunga riportata in auge dal ritorno di Berlusconi, a destra.

I matrimoni gay, i diritti delle coppie di fatto e le incertezze sulla difesa dell'aborto, a sinistra. Sono i temi che negli ultimi giorni stanno mandando in fibrillazione i due maggiori ex-partiti italiani. La questione sessuale sembra ricominciare a farsi politica, e questo mette in crisi certezze consolidate e attraversa gli schieramenti con un potere destabilizzante assai più forte di quello dello spread.

Per quasi vent'anni, da metà degli anni 80 circa, la riflessione sul corpo e la sessualità libera, che era da sempre stata una caratteristica del pensiero di sinistra, si è fermata

e ha lasciato spazio al “ bigottismo trasgressivo ” della destra televisiva, che ha fagocitato la nuova libertà sessuale delle donne trasformandola in una continua induzione alla prostituzione, a volte pagata in audience, a volte direttamente cash. Insomma, le reti unificate di RAISET da “Non è la Rai” in poi (il programma dove un'eterodiretta Ambra guidava a sua volta minorenni da briffare stile Minetti) hanno costruito e affermato l'estetica del bunga bunga.

A questo cosa ha opposto la sinistra fino a oggi? Si è fatta rinchiudere in uno sterile moralismo tipo “questo non si fa”, capace giusto di stigmatizzare i comportamenti più estremi del Caimano ridens e dei suoi “festini eleganti”. Insomma, bacchettoni senza il Vaticano che non sono stati capaci di elaborare un modello alternativo di comportamento, come era successo invece in quella che non a caso si è chiamata “rivoluzione sessuale”.

Parliamo di una sconfitta culturale e una debàcle politica di dimensioni epocali, rilevata da pochissimi. La sinistra si è fatta strappare una bandiera, quella della libertà sessuale, che è una delle pulsioni e dei desideri fondamentali delle persone, su cui ha costruito consenso con le battaglie sul divorzio e sull'aborto. Un simbolo ceduto senza combattere e trasformato dai berluscones in un liberalismo d'accatto, nel caso delle olgettine, giovani donne che del loro corpo fanno ciò che vogliono, che però ridiventa, a comando, prono clericalismo se si parla di diritti ai gay o di aborto. Si sono inventati perfino gli “atei devoti”, pur di riuscire a tenere il piede in 2 o 3 scarpe allo stesso momento.

E allora, forse è il caso di riparlarne rimettendo un po' di puntini sulle “i”.

E ricominciando da dove ci si era fermati. Dall'innovazione di contenuti, artistica e dal bisogno di cambiare i comportamenti pubblici e privati. Riprendendoci anche quel gusto alla provocazione che in questi anni è stato egemonizzato dagli Sgarbi di turno in prime time.

Per questo, abbiamo fatto una chiacchierata con una scrittrice, Slavina, che sta rappresentando quello che si muove nel mondo di Internet su questi temi.

Su cui lei ha scritto un libro, “Racconti erotici per ragazze sole o male accompagnate” Giulio Perrone Editore, e tiene un blog, Malapecora, che racconta le esperienze personali sulla produzione di quello che si chiama il “post porno”. Lei nasce nel mondo dell'underground romano, Forte Prenestino e comincia a interessarsi di audiovisuale con il gruppo di Candida Tv. Poi si sposta a Barcellona, dove lavora come V.J, dal 2006 al 2008. Qui incontra il mondo del porno, lavorando come doppiatrice per una serie di produzioni. Da allora partecipa all'elaborazione dei concetti e della pratica del “post porno”


 

Che cos'è esattamente il post porno ?

Rottura del binarismo maschile/femminile. Lavoro sul codice di narrazione per portare a più immaginari possibili. Uso non convenzionale dei corpi, dalle nuove identità transessuali alle sperimentazioni di nuovi legami fluidi. Ma soprattutto rifiuto del valore d'uso del corpo, rifiuto della mercificazione.

Se consideriamo la pornografia come tecnologia di genere, il suo utilizzo strategico e la sua fruizione collettiva possono essere uno strumento di crescita politica: la postpornografia non è meccanica ne’ meramente masturbatoria, ma illustra le infinite possibilità performative della sessualità umana. Il porno è finalizzato alla masturbazione per lo più maschile, il post porno esplora il desiderio di nuove identità sessuali e privilegia la narrazione di questa ricerca.


 

In questo senso, ci racconti l'esperienza di Lady Fest ?

Il variegato collettivo che ha dato vita all’esperienza Ladyfest romana, fin dalla sua prima edizione nel 2009 aveva mostrato interesse e curiosità nei confronti della ricerca e sperimentazione postpornografica. E io – che già vivevo in Spagna ma che morivo dalla voglia di riportare sul suolo patrio alcune delle belle scoperte che avevo fatto – proposi per quell’edizione il primo laboratorio italiano di pornografia femminista.

Era sia teorico che pratico e fu una vera e propria rivelazione: il primo giorno guardammo insieme materiali vari e discutemmo di come immaginavamo un porno che rappresentasse i desideri delle donne ed il secondo, in un gruppo più ristretto, finimmo per girare una scena di sesso di gruppo. Niente di eccessivamente compromettente: baci e carezze abbastanza scherzose – che però, riviste in video, avevano un potenziale socialmente veramente dirompente. Ci eravamo divertite, e anche molto, ma per rivendicare il piacere come fatto politico (eravamo tutte donne dalle provenienze e genealogie politiche più disparate e qualcuna di noi non aveva nemmeno mai fatto sesso con un’altra – già, neanche per scherzo) e la riappropriazione del corpo attraverso lo sguardo sulla sessualità avevamo bisogno di costruire un discorso più articolato, che partisse dai desideri e criticando la forma delle relazioni proponesse un orizzonte di cambiamento più ampio del “io scopo con chi mi pare e come mi pare”.

 

Una scrittrice autrice di video oltre il limite convenzionale dell'erotismo. Ma lo fai per soldi ?

Credo di essere allergica ai soldi – è una scomoda eredità cattocomunista, probabilmente. Sono assolutamente incapace di pensare in termini di profitto e capitalizzazione – e giuro che lo dico senza orgoglio alcuno, è un dato di fatto, un mio limite che ho finito per accettare.

D’altronde il mio pornoattivismo mi dà soddisfazioni che non sono monetizzabili e non è da ieri che sono proiettata verso il consumo zero. Ho fatto tantissime cose nella mia vita, la maggior parte delle quali non definibile come lavoro e non legata a qualche tipo di guadagno: ho sempre preferito la libertà ai soldi (forse perché non ho mai avuto il privilegio di averne senza sforzo…)


 

Ha ancora un senso il termine trasgressione applicato alla rappresentazione della sessualità ?

Con il porno 2.0 le rappresentazioni sono ormai infinite. C’è di tutto in rete, anche se per uscire dai canoni di ciò che è considerato più appetibile per le masse (ovvero più vendibile, ovvero vicino a un’ideologia del sesso retriva e patriarcale) bisogna cercare più accuratamente.

Dal bunga bunga al cilicio della Binetti, lo spettro della sessualità (nella sua forma “perversa” e quindi trasgressiva) s’affaccia in ogni telegiornale, nei discorsi estemporanei durante le attese infinite di un autobus che non passa, in fila alla posta. La società è pornificata e lo sport nazionale è guardare nelle mutande del vicino: in questo scenario lo spazio per la trasgressione sessuale sembrerebbe molto ristretto, eppure c’è sempre chi è pronto a gridare allo scandalo. Basta pensare che per alcune persone (non poche, purtroppo), nell’Italia del 2012 l'omosessualità è ancora un fenomeno socialmente inaccettabile. Questa sì che è trasgressione – del buonsenso, però.


 

Raccontaci la tua esperienza della produzione di audio porno. Quali sono le potenzialità di questo modus operandi ?

Mi interessa l'accessibilità, sempre – e attraverso la diffusione di saperi legati alla produzione audio posso riuscire ad avvicinare alla rappresentazione non mediata della sessualità persone che si vergognano o che per una serie di ragioni non possono esporsi.

Oltretutto prescindendo dall’immagine si può sperimentare la libertà più radicale. Il nostro corpo (sia personalmente che socialmente) può essere un limite, mentre nel metaverso audiofonico tutto è possibile, anche con mezzi teconologici modesti.

Scambi di genere, moltiplicazioni del sé, divenire cyborg – il sesso diventa immateriale e perde il preteso naturalismo che è sempre stato funzionale alla sua utilizzazione repressiva.


 

Qual'è la tua visione del caso del Bunga Bunga ?

È la prova lampante del paradosso per cui è più importante il controllo bigotto della vita privata di un politico piuttosto che l’attenzione alle nefandezze che compie in pubblico.

Il priapismo di Berlusconi mi sembra una patologia personale, mentre è diventato l’occhio del ciclone che ha messo in moto la sua destituzione, scatenando un delirio voyeuristico che i media più beceri hanno cavalcato senza ritegno.

Trovo assolutamente vergognosa l’attitudine dei servi invidiosi (di cosa, poi? delle giovani donne comprate al chilo? delle punture di Viagra e dei tristi amplessi seriali?) che appunto non concepiscono nemmeno l’orizzonte ideale per uscire dalla loro condizione di schiavitù.

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