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QUEL LUPO DELLA STEPPA

Un ricordo personale per la scomparsa di Giulietto Chiesa
di Giulio Gargia
Giulietto. Chissà perché un omone alto e robusto, con una faccia da cosacco e una marcata somiglianza con Stalin veniva chiamato così, con questo diminutivo un po’ incongruo.
Mi ricordo che nei tempi morti di riunioni e viaggi con Megachip, l’associazione per la democrazia nella comunicazione da lui fondata, spesso ci facevamo questa domanda. E tutti davano una risposta diversa, che ora però nemmeno mi ricordo. Adesso penso che invece il motivo fosse chiaro: aveva il sorriso negli occhi. Ti diceva cose terribili e apocalittiche sui destini del mondo (e purtroppo spesso ci azzeccava) ma quegli occhi perennemente sorridenti ne attenuavano la portata e lo sentivi comunque come familiare.
Perciò, Giulietto andava bene. Anche perché raccontava barzellette russe sulla vodka, e inventava soprannomi, come quello di Bruno Vespa, che chiamava “l’insetto”.
Fin dall'inizio, dal suo incarico di inviato per l’Unità a Mosca per le Olimpiadi del 1980,fa capire qual è il suo modo di fare il giornalista . Durante quei giorni infatti raccontò in maniera irriverente la vita quotidiana nell'allora URSS, e proprio per questo l’agenzia sovietica TASS ne chiese la rimozione, ma Berlinguer, numero uno del Partito Comunista (a cui lo stesso Chiesa è stato iscritto fino al ’91), si rifiutò. Così si trasferì proprio a Mosca, assieme alla compagna Fiammetta Cucurnia, anche lei giornalista (corrispondente per Repubblica), divenendo uno dei massimi esperti del Cremlino, non solo d’Italia. Un giornalista spesso e volentieri controcorrente che non ha mai avuto paura di dire quello che pensava, come spiegato anche dal famoso episodio dell’arresto (poi subito rilasciato) in Ucraina nel 2014.
Era ironico, generoso e non si risparmiava. Aveva una lucidità di analisi che sconfinava nella preveggenza. Capì subito la portata dell’azione di Gorbacev, destinata a cambiare il mondo così com'era allora, poi scrisse “La guerra infinita” che anticipò le guerre di Bush, mentre seguiva l’intuizione sui pericoli per la democrazia dati dall'uso dei mezzi di comunicazione come continuazione dei conflitti con altri mezzi ( ben prima che ci arrivasse il Pentagono con gli embedded )
Su quelle tematiche, dei mass media, l’ho incontrato e abbiamo collaborato per diversi anni. Ha sostenuto e promosso il mio libro sull'Auditel e sugli altri misuratori di audience “L’arbitro è il venduto” capendo che lo strumento non è neutrale come appare . Ha partecipato al documentario “La scomparsa dell’Auditel” da me diretto, come traduzione audiovisiva di una campagna, “Basta Auditel”, promossa da Megachip con la quale sollevammo una serie di interrogativi sui metodi di raccolta dati che condizionavano pesantemente i palinsesti televisivi.
L’ho seguito poi nelle successive avventure, da “No War Tv“ esperimento controcorrente della narrazione della seconda guerra in Iraq, alla creazione del sito di Megachip, di cui ho curato le news per 2 anni, alla sua campagna per le elezioni europee, in cui fu eletto come indipendente nella lista di Di Pietro, fino all'ultima avventura con Pandora TV .
E’ stato più volte ospite al Tam Tam Digifest da me diretto (dove tra l’altro proiettammo “Zero- controinchiesta sull11 settembre”) e agli stage sulla comunicazione che organizzavo con l’Università Orientale negli anni in cui ho insegnato in quell'ateneo.
Poi la sua strada si è fatta più politica e la mia più cinematografica, ma non l’ho mai perso davvero di vista. E’ rimasto un punto di riferimento anche quando – e spesso è accaduto negli ultimi tempi – non ero d’accordo con lui.
Il suo modo di scrivere e di pensare è stato un modello formativo per me ma anche per colleghi professionalmente già maturi, che hanno più volte partecipato alle iniziative di Megachip. Era insieme molto curioso ed aperto, (si era messo a studiare cinese a sessant'anni) ma anche intransigente nella sua impostazione politica. Un visionario con il gusto di andare controcorrente, sempre.
Con cui sono orgoglioso di aver collaborato. Onore a te, vecchio lupo della steppa.

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