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I mobtag:un codice grafico che contiene l'alfabeto

di Carlo Infante

Sono convinto che ciò che definiamo innovazione riguardi più i comportamenti creativi che le tecnologie. O perlomeno che la risposta più interessante alle tante domande che ci facciamo sul nostro futuro risieda nel valore d'uso, ovvero su come utilizziamo le tante applicazioni tecnologiche che rischiano di rendere sempre più complicato un mondo a grave rischio di automatismo eterodiretto,con preoccupanti derive da controllo totale. Insomma, dobbiamo usarle quelle tecnologie per non farci usare, questa è la mia politica ( e la mia poetica).

Dico questo perché tutte le volte che do il mio biglietto da visita in cui campeggia un mobtag (quella specie di codice a barre bidimensionale che trovi in questa pagina e che viene anche definito qrcode o in altri modi) mi tocca intraprendere una discussione sulle sorti di un'umanità spiazzata da tecnologie incomprensibili.

Sarà il mio background di critico militante dell'avanguardia teatrale o la mia vocazione da cercatore di funghi ma il fatto sta nella convinzione che senza ricerca il mondo, e la vita (il gusto di viverla), non si trova, rischi compresi.

Vorrei partire sul ragionamento della necessità di trovare alternative ad un sistema in stallo (dove si paga più di una finanziaria per non produrre, attraverso gli ammortizzatori sociali) ma mi fermo qui.

Voglio spendere queste poche battute per dire che questi mobtag sono curiosi perchè dimostrano quanto i vari device che abbiamo in tasca siano “performanti”, fanno cose che superano certe logiche predefinite.
Quando, nel 2003, scrissi il primo libro sul Performing Media (nel 2006 è uscita la versione 1.1), in quarta di copertina lanciai una domanda evolutiva: “ogni 18 mesi i computer raddoppiano le loro possibilità: e noi?”

Non si tratta di raddoppiare forza e intelligenza ma di essere più agili nel giocare la partita delle trasformazioni in atto.

Nel loro piccolo questi mobtag dimostrano come si possa utilizzare i cellulari per trarre (mettendosele in tasca) informazioni particolari da un codice grafico che, come accade su questo giornale già da qualche mese (prima di tutti gli altri che ne stanno ora sbandierando l'innovazione... ben arrivati, non è mai troppo tardi), trasferisce delle esclusive parole chiave (le nostre 7 “tag parolibere” della settimana) o meglio ancora un link. Ma come funziona?
Quella specie di ideogramma contiene una stringa alfanumerica (max 250 caratteri), non è un caso che sia stato inventato in Giappone. Ci hanno fregato: nella loro cultura, e ancor prima in quella cinese e quella egizia, i pittogrammi esprimono informazioni. Questa volta ci hanno messo dentro la nostra tecnologia alfabetica.

Si tratta, insomma, di un particolare codice a barre da decodificare con un cellulare su cui installare un particolare software (lo trovi linkato da www.performingmedia.org).

Quando me li mostrò un mio ex-studente di ritorno dal Giappone, in ritardo di qualche mese perchè potessi utilizzarli per le Olimpiadi di Torino2006 (mannaggia!), trasalìì e con i ragazzi del Performing Media Lab li utilizzammo, per primi in Italia, per taggare una Mappa Emozionale della Memoria Antifascista a Torino. Il link, ovviamente, lo trovi nel mobtag qui sotto.

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