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Diaz, ecco cosa fare perché non si ripeta più quella mattanza

Agnoletto propone le regole contro i “blue block” del 2011

di Giulio Gargia

“Questa sentenza è la migliore che si potesse avere nelle condizioni date. E ci fa capire quant'è stato importante aver preservato lo spazio di autonomia della magistratura dall'attacco selvaggio di Berlusconi e dei suoi governi. I giudici hanno operato in questi anni in condizioni difficili, con tentativi di condizionamento ambientale che arrivavano da tutte le parti. Nell'ultimo periodo, giornali come Repubblica e Corriere hanno fatto una vera campagna sul rischio di “decapitare” le forze di polizia. Per fortuna, i magistrati hanno mantenuto l'indipendenza di giudizio e ripristinato la verità dei fatti”.

Così Vittorio Agnoletto, all'epoca portavoce del Genoa Social Forum , commenta la sentenza della Cassazione che ha scritto l'ultimo capitolo giudiziario di quella che è stata definita “la più grave sospensione dei diritti civili in un paese europeo dai tempi della 2a guerra mondiale”. Massacri, pestaggi e torture che, tra le Diaz e Bolzaneto, hanno guadagnato a quei reparti di polizia il soprannome di “blue block”.

Quindi, non si poteva fare di meglio?

Certo, ci sono una serie di buchi ed omissioni. Sono stati condannati in 25, ma i colpevoli sono molti di più. L'omertà di corpo ne ha salvato tantissimi e l'impossibilità di identificarli ha fatto il resto. La cosa particolare di questo processo è che la vera punizione è la sospensione dal servizio e colpisce principalmente i quadri medio-alti, i capi operativi, ma risparmia il grosso dei manganellatori e i mandanti e responsabili politici. De Gennaro, Scajola, Fini, Ascierto, Castelli – che visitò Bolzaneto – sono sfuggiti dal rispondere alle loro responsabilità”.

Cos'è che la politica non ha fatto, in questi 11 anni?

Non ha istituito una commissione d'inchiesta, per la quale c'erano tutte le condizioni e ha continuato a promuovere tutti i responsabili di quei fatti non solo quando erano indagati ma anche dopo le condanne di 1° e 2° grado. E non è neanche stato sfiorato il problema dell'introduzione del reato di “tortura”, che esiste in tanti altri paesi europei.

Esce sconfitta anche la polizia come istituzione di garanzia del cittadino?

Certo, se un sindacato che si dichiara democratico come il SIULP si esprime contro la sospensione dei condannati, non ci sono state speranze di autoriforma. E finché le modalità di reclutamento dei reparti mobili privilegiano quelli che sono stati nell'esercito in zone di guerra, di fatto assimilando l'ordine pubblico a una battaglia con un nemico, le speranze sono poche.

Ma l'altro giorno il capo della polizia Manganelli ha detto: “ora è il momento delle scuse”

Tardive e inutili, un atto solo formale compiuto dopo questa sentenza. Doveva farlo prima. Ora per dare sostanza a questa espressione dovrebbe sospendere autonomamente anche tutti quelli che non sono stati condannati ma sono coinvolti. E sarebbe bene che chieda scusa anche Napolitano, a nome delle istituzioni.

Si potrebbe ripetere oggi qualcosa come quello che è successo alla Diaz o a Bolzaneto?

Certo. Succede in continuazione. I casi di Cucchi e Aldrovandi ce lo ricordano. La speranza, con questa sentenza e con le altre in arrivo, è che queste cose non restino impunite. E' l'unica vera barriera contro gli abusi di potere poliziesco. E dobbiamo, ripeto, ringraziare l'autonomia della magistratura e batterci allo stremo per conservarla.

Ma si potrebbe fare qualcosa per creare un deterrente ulteriore, senza aspettare i processi, sempre a rischio?

C'è un modo: istituire i codici di riconoscimento dei poliziotti. Se ci fossero stati alla Diaz, ora i colpevoli sarebbero molti di più. E soprattutto, molti si sarebbero tirati indietro, almeno per la paura di essere identificati e puniti.