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L'Inafferrabile falso cameriere


Lunedì al Cineclub Alphaville di Roma riproposta l’esilarante commedia di Ladislav Smoljàk (e di Zdenek Sveràk) nel ciclo i capolavori sconosciuti secondo  Ugo G. Caruso

Il 15 aprile alle ore 21 avrà luogo a Roma, al Cineclub Alphaville (V. del Pigneto,283) il terzo appuntamento del ciclo I capolavori sconosciuti secondo Ugo G. Caruso. Ia scelta è caduta su un titolo cecoslovacco del 1980, L’Inafferrabile falso cameriere diretto da Ladislav Smoljàk
ed interpretato  da  Josef A​braham, Daniela Bakerova, Libuse Jafrankova, Zdenek Sveràk.

Ecco come ce lo presenta Ugo G. Caruso:

“Una sera cercando tutt’altro titolo nel babelico disordine della mia nastroteca , mi imbatto per caso in un film registrato per pura curiosità e sbirciato a tratti, senza audio, una decina d’anni prima  sulla televisione satellitare, ai tempi belli e rimpianti di Tele+ e poi, come tanti altri, mai più visto integralmente. Si tratta di un film cecoslovacco del 1980. Il titolo è banale, Corri ragazzo corri, ancorché incongruo poiché dalla prima scena scopriamo che il protagonista ha appena compiuto quarant’anni. D’altro canto non potevano intitolarlo Corri uomo corri  perché con lo stesso titolo c’era  già uno spaghetti-western del 1968, diretto da Sergio Sollima con Tomas Milian. Da una breve ricerca sui soliti repertori, il titolo originale risulta essere Vrchnì, Prchni!, un chiaro gioco di assonanze in lingua boema ma che tradotto alla lettera in italiano suonerebbe più o meno come Capo, fugge!, davvero di difficile presa sul pubblico. Tra una cosa e l’altra si è fatto molto tardi ma decido di vedere comunque il film. Mi ritrovo a notte fonda a ridere di gusto come non mi capitava da tempo, neppure nello spazio più congeniale della sala buia. Dalle prime sequenze ho una rivelazione subitanea: è il film che volevo! Perfetto per una rassegna a Rovito(Cs) per la quale cercavo un titolo cecoslovacco che risultasse inedito ai frequentatori del cineforum Falso Movimento.  Per di più scopro che in patria è un titolo molto popolare ma risulta essere sconosciuto persino tra i pochi, agguerriti frequentatori delle cinematografie dell’Est europeo. Me lo conferma un mio amico slavista, diventato da qualche anno un instancabile divulgatore della cinematografia cecoslovacca, quale organizzatore di rassegne e fine traduttore di saggi sull’argomento, che ne ignora l’esistenza ma che a sua volta ne rimane incuriosito. Avvalendomi del fatto di essere forse l’unico detentore di una copia del film decido d’arbitrio con una piccola manovra di editing di cambiargli il titolo, traducendolo a senso come L’inafferrabile falso cameriere. Il film è perfetto per il mio scopo in quanto  il soggetto e la sceneggiatura per di più sono  di Zdenek  Sveràk  che fa dunque da ideale trait-d’union tra le memorabili stagioni avanguardistiche della Nova Vlna che lo videro già attivo e i recenti successi internazionali nei film diretti dal figlio Jan e da lui scritti ed  interpretati (Kolja e Vuoti a rendere). Non dirò nulla riguardo alla vicenda raccontata nel film, salvo che l’ambientazione praghese è suggestiva ma tutt’altro che scontata e cartolinesca.

Titolo originale (Vrchnì, Prchni)

Cecoslovacchia, 1980, Commedia, durata: 95', Regia di Ladislav Smoljàk
Con Josef Abraham, Libuse Jafrankova, Daniela Bakerova, Zdenek Sveràk

L’inafferrabile falso cameriere è infatti una commedia malinconica ma al tempo stesso a tratti esilarante, soprattutto nel finale quando il ritmo si fa rutilante come in certi film indimenticabili di Milos Forman, Jiri Menzel o Jaroslav Papousek, grazie ad una serie di geniali trovate di sceneggiatura introdotte da Sveràk che si ritaglia pure per sé il ruolo del vicino ficcanaso. Il film si iscrive a pieno titolo nella migliore tradizione umoristica nazionale, la stessa che pervade l’opera di scrittori come Jaroslav Hasek e Bohumil  Hrabal.

Un tocco di umorismo ebraico invece lo dà di suo l’attore Joseph Abraham, convincentissimo nel ruolo del protagonista, Dalìbor Vràna, libraio in eterne difficoltà economiche, erotomane e seduttore impenitente, sospinto ai margini  della grigia e burocratica società comunista ma per necessità (ed estro) fantomatico cameriere fasullo.

La vena che percorre tutto il film è la stessa che ispirò gli autori più significativi della primavera cinematografica  ceca: Jan Nemec, Vera Chytilova, Evald Schorm, Milos Forman, Pavel Juracek, Jiri Menzel, Ivan Passer, Jaromil Jirec, Jaroslav Papousek ,Karel Kàchyna e dei loro cugini slovacchi, Jurai Jakubisko, Elo Havetta, Stefan Uher, Dusàn  Hanak, Juraj Herz etc.

A quasi quindici anni di distanza dalla normalizzazione dettata dal regime di Mosca e delle briglie imposte a molti cineasti e della fuga d’oltreoceano di alcuni di loro, il film di Smoljàk (e di Sveràk) è pervicacemente animato dagli stessi umori e temi, come l’irrompere dell’umano con la sua carica di vitalismo e d’irregolarità, quasi a volere slargare le strette maglie di una società autoritaria, ingiusta e disumanizzante”.

Ugo G. Caruso

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