You are here

Non sapevamo che fosse una rockstar

Un anno della vita di Jimi Hendrix quando non lo era ancora
di Roberta Ronconi

John Ridley (Oscar per la sceneggiatura di “12 anni schiavo”) è un narratore delle minoranze nere americane. Per fedeltà a questa sua mission, non poteva non raccontare una delle storie meno conosciute e rappresentate della musica nera americana: quella degli esordi di Jimi Hendrix. Nasce così il film, da oggi in sala “Jimi, all is by my side”, storia di un anno della vita di Hendrix: dai sottoscala di New York e Harlem nel 1966, al trionfo del raduno di Monterey nel giugno 1967.

Per la regia di Ridley e l’interpretazione magistrale di André Benjamin (frontman degli Outkast), “Jimi” ha infiniti meriti e regala infinite gioie. Con onestà quasi maniacale, ci presenta la vita di un classico outsider nero newyorkese, piuttosto confuso, con una scarsa cultura ma una profonda raffinatezza emotiva, particolarmente evidente quando Jimi prende in mano una chitarra e la fa “parlare” come avesse un cuore umano. Jimi non parla, balbetta, mastica mozziconi di frasi, con la testa spesso si perde, si vergogna della sua voce gracchiante e del padre – che lo tratta come un incapace – ha perso le tracce da anni. Ha voglia di amare e di essere amato, ma dalle donne è sopraffatto. Anche se a una di loro, Linda Keith (“Send my love to Linda”), compagna allora di Keith Richards, deve la prima chitarra e la spinta ad uscire dal guscio e partire per Londra.

Gli estimatori di Hendrix non troveranno nessuno dei momenti topici della carriera del grande performer: niente “Purple Haze” o chitarre in fiamme, nessuna celebrazione né assolo in crescendo. “Jimi” trova la sua unicità di racconto biografico nella perfezione dei particolari, nella cesellatura dei dialoghi, nel coraggio di guardare un’icona al suo nascere, con onestà e purezza. Il risultato è un rarissimo affresco sugli anni Sessanta e su quella swinging London dove il talento e l’arte fiorivano ovunque. Persino tra le lunghe mani di un ragazzo di Harlem timido e confuso come Jimi, un’anima persa che ha cambiato la storia della musica.

“Jimi” è portato nelle sale italiane dai distributori di film e doc biografici “I Wonder Pictures” e Unipol Biografilm Collection. Obbiettivo: portare buoni titoli in buone sale, con una precisa e attenta distribuzione di film, sia in versione originale che doppiati.

da www.articolo21.org