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Quando la banda passò... se è Chet Baker a mettere d'accordo arabi e israeliani

Giovedì 12 novembre al Cineforum presso la Domus Città Giardino, nel quartiere Montesacro a Roma, s'inaugura con il film israeliano "La banda" di Eran Kolirin un nuovo ciclo, "Selected by Ugo G. Caruso" in cui saranno presentati dal critico e storico del cinema una serie di titoli inediti o dimenticati imperdibili per gli amanti del cinema di qualità.

Appuntamento imperdibile quello proposto in settimana dal "Cineforum del giovedì" promosso dall'Associazione culturale "Ponte Tazio" che per l'occasione inaugura un nuovo ciclo, "Selected by Ugo G. Caruso", nel corso del quale il critico e storico del cinema che già nella primavera scorsa aveva presentato due titoli, "L'estate dei 27 baci mancanti" di Nana Djordjadze e "A cidade de Deus" di Fernando Meirelles, curerà una selezione di film appartenenti ad ogni genere e nazionalità, passati distrattamente nelle nostre sale oppure inediti o dimenticati e comunque da recuperare assolutamente, attingendo alla sua cineteca ideale, costituita dalle opere viste non solo nei circuiti commerciali ma attraverso l'assidua e pluriennale frequentazione di festival, rassegne, filmclub, retrospettive, istituti culturali esteri oppure ripescati sui canali televisivi tematici o finanche recuperati nel web.

Si parte giovedì 12 alle ore 20.30, come sempre a Roma, presso la Domus Città Giardino - Caffè letterario Liberthè (Viale Adriatico, 20) con "La banda" (Bikur Ha - Tizmoret" Israele - Francia 2007) che segna l'esordio del regista israeliano Eran Kolirin, interpretato da Sasson Gabai, Ronit Elkabetz, Saleh Bakri, Kalifha Natour, Uri Gavriel, Rinat Matatov, Shlomi Avraham, ecc. Musica di Habib Shadah. Ecco, in breve la trama: "La banda musicale della polizia di Alessandria d'Egitto viene invitata a suonare all'inaugurazione del centro culturale arabo di una cittadina israeliana. All'aeroporto di Tel Aviv non c'è nessuno ad attendere il gruppo di musicisti, così il pragmatico direttore d'orchestra e colonnello Tewfiq decide di raggiungere il luogo con un autobus locale. Arrivato nella remota e desertica cittadina (una sorta di Las Vegas spoglia di luci scintillanti, giochi e schiamazzi) capisce che, per un difetto di pronuncia, ha sbagliato destinazione. Non si trova nella moderna Petah Tikva, bensì nell'arida Bet Hatikva. Poiché non c'è modo di andarsene da lì (c'è una sola corriera che passa una volta al giorno) gli otto egiziani sono costretti ad accettare l'ospitalità di Dina, la bella proprietaria dell'unico ristorante del posto.

Al suo esordio nel lungometraggio l'israeliano Eran Kolirin realizza una piccola opera cinematografica, densa di valore, trovando il modo per fotografare e raccontare il suo paese con umorismo, sentimento e nostalgia, utilizzando un linguaggio (e lanciando un messaggio) universale. "La banda" è una brillante commedia dal retrogusto amaro che parla innanzitutto dell'essere umano. Le inamidate uniformi azzurre della banda celano i disagi esistenziali dei componenti. L'unica voce fuori dal coro è quella di Haled, dongiovanni nell'anima che seduce le fanciulle sussurrando i versi romantici di Chet Baker.

La musica fa da collante tra lo sgangherato gruppo in terra straniera e i loro ospiti. È una canzone jazz israeliana che Dina sceglie per trasmettere a Tewfiq - il suo personale Omar Sharif - il desiderio di dirgli "tante cose". È la danza delle mani del colonnello, che muove sinuosamente nell'aria per mostrare alla locandiera come si dirige un'orchestra, a creare un momento d'intesa tra l'uomo e la donna. E, infine, intorno alla tavola apparecchiata a festa, nel silenzio imbarazzante e un tantino ostile, basta intonare un'approssimativa "Summertime" per comunicare e azzerare la distanza di due paesi avversi.

Al di là delle divergenze culturali e delle barriere linguistiche c'è la musica, ma c'è anche l'amore. Quello agognato da una giovane che vede la sua vita come un (melodrammatico) film arabo, quello perduto a causa del proprio rigore, quello cercato tra le braccia di uno sconosciuto. Il finale de "La banda" è preannunciato da una frase di Itzik. È "come un concerto che finisce di colpo, né triste, né allegro". Un concerto, aggiungiamo noi, da godere fino all'ultima nota".

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