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La smemorata Germania di Adenauer. Il Labirinto del Silenzio a Rovito per la Giornata della Memoria

Anche quest'anno il Cineforum "Falso Movimento" aderisce alla Giornata della Memoria nella convinzione che il cinema sia lo strumento forse più idoneo ed efficace nel rendere vivide e spesso indelebili le immagini dimenticate e per condurre lo spettatore lungo un percorso non facile come quello proposto dal film "Il labirinto del silenzio" (Im labyrinth des Schweigens Germania 2014 - vosi), diretto da Giulio Ricciarelli e scritto con Elisabeth Bartel e Amelie Syberberg. L'appuntamento dunque è per mercoledì 27 alle ore 20.45 al Teatro Comunale di Rovito. La proiezione sarà preceduta da una conversazione telefonica tra Ugo G. Caruso e Michael Marsch, cittadino tedesco residente da anni in Italia, traduttore di testi di storia, politologia e letteratura.

Francoforte, 1958. Johann Radmann (Alexander Fehling) è un giovane procuratore deciso a fare sempre ‘quello che è giusto’. Un principio, il suo, autografato sulla foto del genitore, scomparso alla fine della Seconda Guerra Mondiale e di cui conserva un ricordo eroico. Ma i padri della nazione, quella precipitata all’inferno da Hitler, a guardarli bene sono più mostri che eroi e Johann dovrà presto affrontarli. Avvicinato da Thomas Gnielka, giornalista anarchico e combattivo, conosce Simon, artista ebreo sopravvissuto ad Auschwitz. Simon ha riconosciuto in un insegnante di una scuola elementare uno degli aguzzini del campo di concentramento. Come lui, molti altri ‘carcerieri’ e ufficiali sono tornati alle loro vite rimuovendo colpe orribili. Colpito dal dolore di Simon e dall’ostinazione di Thomas, Johann decide di occuparsi del caso. Schiacciato tra il silenzio di chi vorrebbe dimenticare e di chi non potrà mai dimenticare, il procuratore chiede consiglio e aiuto a Fritz Bauer, procuratore generale, che gli darà carta bianca e il coraggio di perseverare. Testimonianza dopo testimonianza, Johann Radmann prende coscienza dell’orrore, ricostruisce il passato prossimo della Germania e avvia il ‘secondo processo di Auschwitz’.

Vale la pena essere chiari sin da subito: Il labirinto del silenzio di Giulio Ricciarelli, italiano di nascita e naturalizzato tedesco, non è film sulla Shoah, né tanto meno una rilettura delle criminali finalità dei campi di sterminio: è semplicemente una profonda analisi interiore di un Paese che aveva chiuso gli occhi, forse per non guardare l’orrore, e soprattutto un esame di coscienza che mira a distinguere quello che fu il libero arbitrio personale e le responsabilità soggettive durante gli anni del nazismo. Dopo la guerra i tedeschi non avevano alcuna voglia di risvegliare i fantasmi del passato e troppa forse di tirarci una linea sopra, rimuovendone il peso. Nel 1949 dunque il cancelliere Konrad Adenauer appoggiò la reintegrazione massiva, soprattutto nella funzione pubblica, dei cittadini rimossi dai loro incarichi perché coinvolti con il regime nazista. Promotore della resurrezione materiale della Germania, Adenauer interpretò il desiderio della sua gente che voleva soltanto dimenticare, che non voleva sapere.

Mescolando personaggi reali e di finzione, l’autore realizza un dramma giuridico e personale storicamente irreprensibile. Film-dossier sobrio ed efficace, Il labirinto del silenzio scorre una pagina rilevante della Storia in fondo alla quale il male avrà finalmente “un nome, un viso, un’età, un indirizzo”.

Teso e appassionante come un polar, Il labirinto del silenzio svolge una partitura inquisitoria che bracca i cattivi, confronta superiori, gerarchi e subordinati e interroga il silenzio degli aguzzini e quello delle vittime, barricate dietro il loro dolore. Perché il film tratta (anche) l’isolamento dei sopravvissuti, la difficile integrazione in Germania come in Israele, l’impossibilità di dire a chi ignorava l’ampiezza dello sterminio. Ma il film trova le parole, quelle della legge e quelle del Kaddish che Radmann e Gnielka reciteranno lungo il perimetro spinato di Auschwitz. Il silenzio è rotto.

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