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Errori da subappalto

Siccome ribellarsi è giusto, ribellarsi è possibile. La protesta dei cameramen de L’Isola dei Famosi ha fatto la notizia che chi ha messo su la protesta voleva. Non è arrivata al grande pubblico, se non quando la produzione non ha deciso di dargli una qualche visibilità, magari alla ricerca di un decimale di audience. Magari per dire che non era vero che le “maestranze” stavano male. Le leggi dello spettacolo sono ferree: cosa vi credete che il reality sia tutto vero? Che cosa vi ha fatto pensare che potesse essere vera la protesta contro la produzione del reality? Tuttavia, sostenere che la denuncia delle pessime condizioni di vita e di lavoro dei cameramen dell’Isola sia sacrosanta, non è vero. Diciamo che è più sacra, che santa.

Sacra perché non è accettabile che chi va a lavorare si trovi in una situazione malsana e precaria: mangiare poco e male, dormire male e poco si addice più alla schiavitù, che a un regolare e corretto rapporto di lavoro subordinato, autonomo, a progetto, a contratto, ecc.

Non è santa però, perché porta con sé qualcosa di furbastro, che detto in soldoni suona così: abbiamo accettato di lavorare a un prezzo più basso, con condizioni meno vantaggiose perché speravamo nella benevolenza della produzione.
Errore: lo sapevate o no che chi va con un subappalto di un subappalto alla fine subappalta la propria capacità professionale? Certo che lo sapevate: vi siete ribellati solo quando, avendo dato in cambio la professione, vi siete accorti che quelli si volevano prendere anche la dignità umana. Insomma: gli avete dato una mano e quelli si sono presi tutto il braccio.

Niente di nuovo sotto il cielo del neoliberismo sfrenato, famelico e sgangherato che colpisce e umilia tutti i lavoratori in questa triste e feroce stagione dei rapporti di lavoro in Italia: dai call center, ai cantieri, dalle fabbriche agli uffici, dalle redazioni dei giornali ai dipendenti dei grandi centri commerciali. Solo che chi lavora nello spettacolo ha creduto che siccome tutto è spettacolo, siccome il potere politico è spettacolo, siccome la tivvù è spettacolo, allora si poteva contrabbandare la partecipazione allo spettacolo con un trattamento migliore degli spettatori dello spettacolo. Cioè gli altri, quelli normali, quelli comuni, quelli che vanno a lavorare e poi la sera guardano L’Isola dei Famosi, sognando un giorno di avere la giusta occasione di essere anche loro in quell’isola, così che invece che semplici nessuno, magari diventino qualcuno, da riprendere e spedire in onda, che i vicini e i colleghi dicano: oh, quello io lo conosco, è uno che lavora con me. Beato lui.

E invece no. Chi pensava di essere speciale, si è trovato a essere normale, cioè sfruttato e un poco umiliato. Perché ha accettato un brutto contratto, ha pensato che tanto poi alla fine magari mi conviene.

Il fatto è che quando si vende l’anima al diavolo, quello il diavolo poi la pretende, perché gliel’hai venduta: sia Rai Due, Magnolia, la Ventura, l’Auditel, l’anima gliel’hai venduta.

Certo, ha fatto bene il sindacato a protestare davanti alla Rai. Però, sarebbe stato più bello e più significativo che la protesta si fosse trasformata in una proposta: andare a girare a l’Asinara gli operai de L’Isola dei Cassintegrati.

Forse si è ancora in tempo: di sicuro, lì con loro, sfruttati e umiliati come voi, si mangia meglio, perché la solidarietà è gustosa e nutriente. E si dorme bene, con la coscienza al posto giusto.

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