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Giornalista condannato per diffamazione fa una colletta

Pino Cavuoti deve pagare 12mila euro. “Il mio giornale non c’è più e io non ho i soldi”. Non è l’unico caso

Condannato a pagare dodicimila euro a seguito di una condanna per diffamazione a mezzo stampa, il giornalista abruzzese Pino Cavuoti di Vasto (Chieti) ha messo da parte l’orgoglio, ha confessato di non avere quei soldi e ha lanciato una sottoscrizione pubblica. La condanna a versare il risarcimento è stata emessa a maggio 2014 dalla Corte d’Appello civile di Roma in relazione a un articolo pubblicato a gennaio del 2006 dal quotidiano Nuovo Molise. Cavuoti pagherà con i soldi ricavati dalla colletta e grazie a uno sconto sulle spese legali. La sua vicenda non è isolata e dimostra che le sanzioni economiche dovrebbero essere proporzionate al reddito e al patrimonio del condannato, come indica la giurisprudenza europea.

Quello che non era riuscito a Silvio....

Fermiamo la nuova legge sulla diffamazione, firmiamo

Doveva essere una riforma della legge sulla stampa che eliminando la pena del carcere per i giornalisti, liberava l’informazione dal rischio di sanzioni sproporzionate, a tutela dei diritti fondamentali di cronaca e di critica: il testo licenziato al Senato rischia di ottenere l’effetto opposto, rivelandosi come un maldestro tentativo di limitare la libertà di espressione anche sul web.

Contro i giornalisti, ecco la maggioranza del rancore

di Antonio Mango

Và dove ti porta il cuore. E il cuore di 131 senatori ha pulsato segretamente per il carcere. Un anno di detenzione per i giornalisti colpevoli di diffamazione a mezzo stampa. In alternativa la pena pecuniaria di 50mila euro. Questo l’ennesimo disegno di legge, riscritto dall’ennesimo emendamento, proposto dall’ennesima Lega in libera uscita, spalleggiata dall’ennesimo Rutelli che fa la faccia feroce. In pratica –dice anche il capo dell’Api- nessun giornalista entrerebbe mai in cella, ma basta il principio. Anzi, basta la parola. Battaglia semantica che nasconde e divide due modi di intendere la civiltà. Carcere o non carcere? Non è questione del quantum, ma della res (pubblica) ovvero del cosa e del se. Se la galera può essere mai concepita per un reato di diffamazione a mezzo stampa o se, piuttosto, occorre fornire alla vittima tutte le garanzie di recupero dell’onorabilità e comminare al diffamante la giusta pena, ma senza indurre la categoria dei giornalisti all’autocensura.

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