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Sallusti

Contro i giornalisti, ecco la maggioranza del rancore

di Antonio Mango

Và dove ti porta il cuore. E il cuore di 131 senatori ha pulsato segretamente per il carcere. Un anno di detenzione per i giornalisti colpevoli di diffamazione a mezzo stampa. In alternativa la pena pecuniaria di 50mila euro. Questo l’ennesimo disegno di legge, riscritto dall’ennesimo emendamento, proposto dall’ennesima Lega in libera uscita, spalleggiata dall’ennesimo Rutelli che fa la faccia feroce. In pratica –dice anche il capo dell’Api- nessun giornalista entrerebbe mai in cella, ma basta il principio. Anzi, basta la parola. Battaglia semantica che nasconde e divide due modi di intendere la civiltà. Carcere o non carcere? Non è questione del quantum, ma della res (pubblica) ovvero del cosa e del se. Se la galera può essere mai concepita per un reato di diffamazione a mezzo stampa o se, piuttosto, occorre fornire alla vittima tutte le garanzie di recupero dell’onorabilità e comminare al diffamante la giusta pena, ma senza indurre la categoria dei giornalisti all’autocensura.

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