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Thiago, Ibra e il magliaro di Arcore - di Giancarlo Padovan

Non serviva il calcio per accorgersi che Silvio Berlusconi è un bugiardo. Ma se trascurassimo il calcio rischieremmo di non capire quel che questa attività ha rappresentato per la creazione di una parte consistente del consenso dell’ex premier. Tuttavia raccontare bugie nel calcio è più disastroso che farlo in politica.

Perciò ora – dopo la cessione di Thiago Silva (già avvenuta) e di Ibrahimovic (in via di definizione) al Paris Saint Germain dello sceicco Al Thani – la credibilità del presidente del Milan è assai prossima allo zero. Tutto questo non perché i tifosi abbiano scoperto che c’è uno più ricco di Berlusconi (lo sapevano da tempo: anzi si auguravano ne prendesse il posto al Milan) e, in fondo, nemmeno perché ha ceduto i due migliori calciatori della squadra realizzando ottimi profitti e liberandosi di ingaggi onerosissimi.

No. La ragione per cui i tifosi ce l’hanno con Berlusconi è una sola: ha mentito loro sia direttamente, sia indirettamente, cioé attraverso il suo ventriloquo Galliani.

Prima, un mese fa, ritirando Thiago Silva dal mercato quando Galliani ne aveva già definito il passaggio ai parigini. Poi, organizzando la cerimonia del rinnovo del contratto del brasiliano fino al 2017 alla cifra di sei milioni netti a stagione.
Una rappresentazione paternalistica quanto virtuale che aveva scatenato il popolo milanista – o la sua fazione più emotiva – pronto (e prono) nel tributare i più fervidi ringraziamenti per l’ennesimo “atto d’amore”.

Da una parte Berlusconi che rinuncia ai soldi dello sceicco e che “regala” Thiago al futuro rossonero; dall’altra le preghiere che i più ortodossi tra i suoi sostenitori lasciavano sul sito della società con invocazioni laceranti: “Presidente, solo lei può impedire questa partenza”.

Tutto falso, tutto mistificato. Non si sa a quale scopo, visto l’esito finale e gli effetti conseguenti, dalle esplosioni di malumore registrate sul web alla minaccia di rinunciare all’abbonamento. Tutto ancor più grave se si pensa che la messinscena nascondeva, di fatto, il duplice accordo: Thiago Silva, valutato intorno ai 42 miliardi, più Ibrahimovic, il cui valore è stato quantificato sui 20-21.

Una svendita? Non esattamente, considerando che il totale delle due cessioni pareggia l’ultimo disavanzo della società. Anzi, un’operazione finanziariamente ancora più accorta: Ibrahimovic sarebbe costato quasi quarantotto milioni di ingaggio nei prossimi due anni, Thiago altrettanti per quattro stagioni.

Nessuno sano di mente, dunque, ancorché affetto da tifo incurabile potrebbe dire che la cessione non presenti indubitabili vantaggi. Anzi che sospinga lo società di Berlusconi verso ordini di grandezza più accettabili. Tuttavia il punto non è se Berlusconi abbia fatto bene o no a cedere Thiago e Ibra, ma quanto abbia fatto male a non dire la verità.

L’unica che avrebbe potuto ammettere sarebbe stata la seguente: il calcio italiano non è più competitivo con quello europeo da tempo, meno che mai con gli investimenti di emiri e sceicchi. Del resto il primo a dopare i mercati sono stato io, Silvio Berlusconi in persona, quando, negli anni Ottanta, compravo buoni calciatori a venti miliardi e ne triplicavo l’ingaggio. Lo facevo non solo per il bene Milan, ma per togliere la possibilità agli altri di concorrere.

Certo sarebbe stato aspettarsi troppo da un uomo che, dietro al cerone, nasconde un’anima da magliaro. Solo che adesso gli è calata la maschera e anche chi va allo stadio e tifa per la sua squadra – i più fedeli nonostante tutto – non ne può più dei trucchi e delle finzioni.

da pubblicogiornale.it

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