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Le “Ombre Sonore” di Kurt Weill in un incontro curato da Ugo G. Caruso

Al Teatro Comunale di Rovito (CS) giovedì 12 settembre alle 21.15 avrà luogo l’ottavo appuntamento della rassegna “Ombre sonore. Storie di musica attraverso il cinema” ideata da Ugo G. Caruso e Giuseppe Scarpelli

Un omaggio davvero rimarchevole quello dedicato dal documentarista canadese Larry Weinstein al grande compositore Kurt Weill (1900 -1950). Un docufiction insolito e originale ambientato in una grande fabbrica dismessa di Toronto che si snoda attraverso il susseguirsi di una serie di suggestivi numeri cantati o danzati, tutti ispirati alla sua musica.

La macchina da presa di Weinstein esplora in lungo e in largo lo spazio scenico della fabbrica-set, luogo già di per sé evocativo, qui caricato di un altro significato. All’assemblaggio industriale viene sostituita la costruzione di una’ampia rappresentazione-mosaico dove i riferimenti cronologici e fisici si perdono nelle note di Weill. Come fantasmi che infestano il vecchio capannone abbandonato, i cantanti e gli attori escono allo scoperto, richiamati dal bisogno di far rivivere la musica di Weill. Le loro performance rimandano di continuo alla doppia natura, musicale e teatrale, del lavoro del compositore. La sua vita e la sua carriera ci vengono raccontati attraverso gli altoparlanti della fabbrica, tra un numero e l’altro, talvolta incastonati con fotografie e cinegiornali d’epoca. La voce fuori campo riporta gli anatemi della critica nazista che lo accusa di aver voluto mescolare nella sua musica il sangue di Bach, Beethoven e Wagner con quello della razza negra e di aver imbastardito la grande tradizione classica con generi popolari come il Jazz e il Kabaret. Il racconto ricostruisce il percorso artistico dalla produzione tedesca al periodo americano, dal matrimonio con la sua musa, Lotte Lenya, al celebre sodalizio con Bertold Brecht. Al pari di migliaia di altri artisti europei come lui di origine ebraica, Weill, pur celebrato da subito in Germania, dopo l’avvento del nazismo fu costretto a fuggire in America dove scrisse molto per il teatro e pure per il cinema. Tanti suoi brani sono entrati di diritto nel grande songbook americano di tutti i tempi. Il film ci offre una drammatizzazione affascinante del suo inossidabile e classicissimo canzoniere, dalla popolarissima Mack the knife dall’Opera riproposta da Nick Cave con il suo stile inconfondibile alla suadente versione di P.J. Harvey de La ballata della moglie soldato, dalla passionale cover in chiave jazz di Don’t be afraid della O’Hara a Lost in the stars di Elvis Costello, dalla soprano Teresa Stratas che canta in tedesco Surabaya Johnny alla title track, quell’immortale September Song nella rielaborazione rock di Lou Reed, dal recitar-cantando di William S. Burroughs in Cos’è che tiene in vita il genere umano (compendio della filosofia brechtiana) a Lonely house riproposta dalla compianta Betty Carter, per concludere nel commovente finale con il numero di danza di due ballerini dalle sembianze di Weill e della Lenya che si muovono sinuosamente sulle note di Speak low eseguita magistralmente da Charlie Haden col suo contrabbasso. Lontano anni luce dall’estetica dei biopic, il tributo di Weinstein ha come protagonista la musica e ci guida attraverso una messa in scena raffinata lungo un percorso sonoro e visivo nel quale la vita di Weill riemerge dalla traslazione della sua opera.