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Il Milan vedrà Singapore?

Un’inedita provocazione antiberlusconiana, vagamente dadaista del tifoso rossonero dissidente Ugo G. Caruso, che prima del derby invita i milanisti a San Siro ad intonare il popolare ritornello dei Nuovi Angeli per protesta contro l’ex Cav., che nonostante il palese decadimento del suo club ha liquidato sprezzantemente la proposta del magnate singaporiano Peter Lim.

"Singapore/vado a Singapore/ io non ce la faccio a guardarvi/ mi si spezza il cuore...". Ricordate questa canzone dei Nuovi Angeli del 1972? Erano i tempi di Rocco e Rivera, Bigon e Prati, Rosato e Schnellinger, quando Singapore sembrava davvero molto lontana. Ora, con l'offerta di Peter Lim, il tycoon di Singapore, la prospettiva sembra essersi ravvicinata.

Berlusconi, sdegnato, nega di voler vendere il Milan. "Non scherziamo sulle cose sacre" dice. Ma cosa c'è di sacro per lui nel Milan odierno non saprei proprio. Resta uno stinto simulacro di glorie lontane. Un club alla periferia non solo del grande calcio europeo, ma pure di quello italiano, senza progetto né strategia, con due amministratori delegati e nessun direttore sportivo, che prima sceglie in Seedorf un tecnico in linea con la comunicazione globale e poi decide di sostituirlo con il nostrano Inzaghi per il quale il mondo è solo pallone. Inaccettabile è stata la caduta di stile con cui nel recente passato tecnici come Zaccheroni, Ancelotti e Leonardo, meritevoli di stima e riconoscenza, sono stati, uno dopo l’altro, vessati e maltrattati, mentre tre bandiere come Albertini, Maldini e poi Ambrosini sono state ammainate in malo modo e tra le polemiche. Sempre più spesso irriso dall'aristocrazia del calcio per il blasone ossidato, i budget striminziti, i triti arzigogoli di Galliani, (invariabilmente con i medesimi amici presidenti e procuratori) e il mercato straccione (la sciagurata cessione di Pirlo è esemplare), il Milan sembra tornato ai tempi grami di Giussy Farina. E pensare che invece il suo patron è sempre Silvio Berlusconi, fautore della sua era più leggendaria ed artefice di una squadra che ha cambiato la storia del calcio e fissato record ineguagliabili. È l'uomo più ricco d'Italia e forse (ancora per poco) il più potente. E allora, per rispetto ai tanti sostenitori milanisti da troppo tempo illusi, ingannati e deprivati di gioia e di esultanze, Berlusconi rinunci al Milan, visto ormai solo come strumento di propaganda e di raccolta del consenso. Così come lo ha ridotto non gli serve neanche più a questo. A conferma dell’assenza di qualsiasi prospettiva, come pure in politica, egli non ha saputo assicurarsi una vera discendenza, forse perché convinto di essere immortale, trasformando il club in uno strumento di scontro per le lotte di successione all’interno della sua progenie. Venda finché è in tempo, evitando di trascinare il Milan nella sua catabasi giudiziaria, politica ed esistenziale e di farlo sprofondare irrimediabilmente nei bassifondi del calcio. Il popolo rossonero ha avuto fin qui troppa pazienza, più di qualunque altra tifoseria, forse per un (ormai) malinteso senso di gratitudine, forse stordito dalla fanfara dirigenziale. È arrivato il momento di dire basta con chiarezza e fermezza, seppure con civiltà e magari spiritosamente. Propongo pertanto di inondare i siti web con la frase "Vado a Singapore" e di intonarne il ritornello a San Siro, prima del prossimo derby in segno di protesta. Vedrò Singapore? è il titolo dell'ultimo romanzo di Piero Chiara. Come il protagonista me lo chiedo anch'io e con me tutti quelli che tengono al Milan. Non sono un fanatico dell'Estremo Oriente e da milanista di vecchia data temo i passaggi di proprietà che spesso in passato sono coincisi con autentici disavventure, per cui avrei preferito una soluzione per così dire più occidentale, ma è venuta l’ora di voltare pagina e di tornare al ruolo che è proprio di un club che ha vinto sette Coppe dei Campioni (per non dire di più). Da "club più titolato del mondo" Berlusconi seguendo la sua fatale parabola ci ha portato, come si sa, a diventare, ahinoi, il club più tribolato del mondo. Un altro Milan è possibile. Berlusconi passa, il Milan resta. E allora, Forza Milan! (ma senza Berlusconi).

Ugo G. Caruso

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