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Chi l'ha vista?

La monnezza di Napoli, da protagonista a s-comparsa

di Tony Medina

Che fine ha fatto Baby Jane? I rifiuti di Napoli come nel film di Robert Aldrich. Prima i riflettori, poi il buio. Infine, la regressione. 2007/2008: i cumuli invadono Napoli e per tv e cineasti è la pacchia. Maggio 2008: il governo Berlusconi appena insediato si riunisce a Napoli. La pacchia continua con lo spot sul premier-zelig-operatore ecologico. Marzo 2009: si collauda l’inceneritore di Acerra. La pacchia non finisce mai, col premier-zelig-presentatore dell’ottava meraviglia del mondo. Dopo lo spottone, la rimozione dei rifiuti e del problema. La gloriosa monnezza non affascina più nessuno. Sorella Blanche-Bertolaso le ruba la scena, tra terremoti e grandi eventi. E’ buio per plastica, vetro, carta e umido. Però questa è materia e non può scomparire. Comincia la regressione. I rifiuti tornano dov’erano vent’anni fa: nelle discariche. I fossi non sono sempre quelli, ma ‘o sistema è lo stesso. Sono nove quelle autorizzate dalla legge 123 del 2008. Quella decisiva è a Cava Vitiello, la più grande. Si trova a Terzigno, sul Vesuvio. Senza di questa, è altro disastro annunciato. Ma andiamo con ordine.

Vero è che il piano regionale licenziato nel ’97 dal Presidente/Commissario Rastrelli e proseguito nel 2000 dal Presidente/Commissario Bassolino (con tanto di gara avviata dal primo e chiusa dal secondo) voleva dare alla Campania una Ferrari e invece ne è venuta fuori una Panda. Ma il paradosso, ora, è che si ritorni addirittura alla Seicento. Perché, al di là delle buone intenzioni, c’è un’incongruenza grande come una casa: per fare un’inceneritore -dice chi ne capisce- ci vogliono almeno sette anni (salvo miracoli del Capo dell’Amore) e si sarebbe tra i più bravi d’Europa. In Campania esiste solo Acerra. Secondo le previsioni governative ne sono previsti altri tre di impianti (Napoli, Salerno e –pare- un gassificatore tra Giugliano e Villa Literno). Poi c’è la raccolta differenziata che, in media al 30 per cento, fa calare a 4-5.000 le tonnellate indifferenziate al giorno da smaltire. Sempre l’anonimo esperto ci dice alla buona che altre 1.500 possono essere pretrattate e recuperate. Ne rimangono 3.500, ma Acerra, se va al massimo, ne brucia 2.000. Ergo: l’attuale inceneritore non basta. Senza contare l’arretrato di 5 milioni di tonnellate di ecoballe. Che ora non si chiamano più così, ma “rifiuti tritovagliati e imballati”, senza pretesa di essere combustibile da rifiuto.

Ma il tempo è tiranno come pure il contestato “aiutino" Cip6, che fa diventare fonte rinnovabile i rifiuti. Gli inceneritori per ora sono solo nelle intenzioni con forza di legge e, se si faranno, ci vorrà tempo. La differenziata, che in gran parte li escluderebbe, va avanti, ma non quanto dovrebbe, soprattutto nelle grandi città. Gli impianti di compostaggio per l’umido stranamente non se ne vedono. In mezzo, tra l’ultima crisi e la futuribile chiusura del ciclo, ci sono ancora una volta le vecchie, necessarie discariche. Dalla nuova Ferrari modello “Ghe pensi mi”, promessa dal governo, alla real-Seicento, di cui nessuno parla. Appunto.

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