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Natale da brivido con un thriller scandinavo

Al Teatro Comunale di Rovito, consueto ritrovo dei cinefili cosentini, lunedì 23 ore 21, per il Cineappuntamento n. 36 di Flashback, Ugo G. Caruso chiude la stagione con L'Ipnotista (Hypnotisören), uno dei migliori titoli dell’anno che segna il felice ritorno a casa di Lasse Hallström dopo le ultime deludenti prove hollywoodiane.

Stoccolma. Il commissario Jonna Linna è chiamato ad indagare su un triplice omicidio all'interno di una famiglia. Il padre è stato ucciso nella palestra in cui è istruttore e la moglie e la figlia minore nella loro abitazione. L'unico sopravvissuto, ma in coma, è Josef il figlio maggiore. C'è però anche una sorella che vive da sola e che potrebbe costituire il prossimo bersaglio dell'assassino. Linna ha bisogno di avere indizi e chiama quindi al capezzale del ragazzo l'ipnotista Erik Maria Bark -anni addietro considerato il migliore nel suo campo ma poi caduto in disgrazia per colpa di uno scandalo- affinché scavi nei ricordi del giovane. Erik non sa che però l'assassino si è messo anche sulle sue tracce e che l'incolumità di sua moglie e di suo figlio Benjamin sono a rischio. Quando il bambino viene rapito, Erik e Joona dovranno lottare contro il tempo per scoprire l'identità dell'assassino e salvare la vita di Benjamin.

Alla base di questo felice ritorno a casa di Lasse Hallström sta il romanzo omonimo di Lars Kepler (pseudonimo di Alexander e Alexandra Ahndoril). Dopo i successi hollywoodiani che hanno richiesto più di un compromesso per il regista che abbiamo conosciuto ai suoi esordi con l'interessante ed originale La mia vita a quattro zampe, Hallström (pur nella realizzazione di un film che si colloca nell'ambito del cinema di genere) trova un rigore narrativo che ultimamente non era tra le sue doti più evidenti. Si sente già dalle scelte di ripresa l'influsso di quel filone letterario che ha in Stieg Larsson e in Henning Mankell gli autori di punta e che il cinema e la televisione hanno cominciato ad avvicinare allontanandosi in qualche misura dagli stereotipi narrativi che spesso il cinema made in Usa tende a replicare.

L'ipnosi non diventa qui occasione per sfruttare una situazione liminare al paranormale ma per intrecciare i fili di una trama che si colloca nell'ambito della razionalità e si sviluppa su una dimensione parallela. Da un lato l'indagine del funzionario dell'Unità Anticrimine (finlandese e qui le sottigliezze che sottendono le dinamiche tra Finlandia e Svezia possono sfuggire a un pubblico mediterraneo) e dall'altro, in continua alternanza, la situazione al limite della rottura del rapporto tra Erik Maria e sua moglie Simone che viene poi messa a confronto con un evento che rischia di infrangere definitivamente l'ormai fragilissimo rapporto.

Non mancano i colpi di scena ma ciò che domina è l'ambientazione nordica in cui Hallström ritrova una lucidità priva di furbizie che sembrava ormai perduta. E' l'atmosfera a brillare per intensità, rendendo palpabile quella cappa fredda che oltre ad ammantare i paesaggi, si cala metaforicamente nelle emozioni dei personaggi, soprattutto nel rapporto in crisi tra la figura di Erik e quella della sua compagna, ma anche nell'inconscio di Joona, poliziotto smarrito nella sua solitudine. Non privo di una certa dose di violenza e d'azione che regala un finale emozionante su un lago ghiacciato, L'ipnotista non fa pesare le sue due ore grazie anche ad un'ottima scelta del casting, che oltre a garantirsi una coppia di protagonisti maschili carismatici (Tobias Zilliacus e Mikael Persbrandt), ci offre l'ennesima grande prova di un'interprete eccelsa come Lena Olin, attrice bergmaniana (Fanny e Alexander, Dopo la prova) e consacrata anche nel cinema hollywoodiano (La nona porta, Havana). A riprova del fatto che si può fare un cinema che si rivolge al grande pubblico senza rinunciare ai tratti essenziali di un'estetica non corriva.